A pensarci bene…

Il senso di solitudine non dovrebbe mai essere tanto forte… da indurci a pensare con nostalgia… a qualcuno che abbiamo allontanato perché non ci rendeva felici… 

Esistono alcuni particolari momenti che più o meno coincidono con la fine di una storia, una relazione alla quale siamo stati legati per un periodo lungo oppure corto ma assolutamente intenso, e l’attesa dell’inizio di qualcosa di nuovo che sembra tardare ad arrivare, momenti in cui ci sentiamo soli e, che ci piaccia o no, ci domandiamo se sia stato giusto mettere la parola fine alla situazione precedente. Quando avevamo preso la decisione eravamo certi che fosse quella giusta, la scelta inevitabile perché il peso di ciò su cui dovevamo chiudere gli occhi era troppo se comparato ai momenti in cui ci sentivamo appagati.

Abbiamo cercato di ricucire gli strappi, ci siamo messi in discussione, abbiamo accettato ciò che in precedenza non riuscivamo ad accettare, tutto perché a quella particolare persona abbiamo tenuto più che a qualunque altra del passato. Ma comunque non ha funzionato, non siamo riusciti a ricevere per ciò che davamo, non perché avessimo messo tutto sul piatto della bilancia soppesandolo bensì semplicemente perché i nostri sforzi di rendere felice l’altro non erano sufficienti per rendere felici anche noi… perché ci eravamo resi conto che per l’altro era molto più importante la propria solitaria felicità, a prescindere che noi ci fossimo o no nella sua vita.

Così ci siamo allontanati, abbiamo chiuso, abbiamo scelto noi, abbiamo pensato che la solitudine a cui avremmo dovuto far fronte una volta che ci saremmo distaccati, sarebbe sicuramente stata meno pesante di quella che sentivamo quando pensavamo, o ci illudevamo, di essere parte di una coppia che, probabilmente, esisteva solo per noi.

Allora per quale motivo nei momenti di maggiore sconforto dubitiamo di aver preso la decisione giusta?

Perché iniziamo a domandarci se il prezzo da pagare per non stare da soli non sia quello di accettare tutto ciò che è possibile avere e sentirci felici di quel poco che riceviamo?

Come mai, in quei frangenti di debolezza, ricominciamo a pensare alla storia passata con nostalgia, con malinconia, facendo affiorare alla memoria tutte le piccole cose che ci piacevano e nascondendo in fondo a noi stessi quelle grandi che non avevamo potuto accettare?

Dov’è finito tutto il fastidio per i comportamenti che ci hanno portati alla fuga? Saremmo davvero in grado di chiudere gli occhi e rinunciare a ciò che vogliamo pur di mettere fine a una solitudine che non riusciamo a tollerare?

Nonostante la memoria ci giochi lo scherzo di rendere più bello e patinato qualcosa che di fatto non lo era mai stato, non nel modo in cui lo desideravamo davvero oppure non lo era più nel momento in cui era stato più forte l’istinto di scappare che non quello di restare, a pensarci bene quella scelta era stata, ed è, la migliore per noi, quella che abbiamo preso con coraggio, con determinazione, scegliendo di darci l’opportunità di cercare la felicità. E’ vero, superare il momento di vuoto dopo la fine di una storia e di necessaria solitudine per raccogliere i cocci, analizzarci, dialogare con noi stessi per comprendere cosa vogliamo davvero, non è facile, soprattutto perché l’istinto ci suggerirebbe di buttarci subito in qualcosa di nuovo, per non pensare al passato, per ricominciare daccapo.

Ma la vita sa bene che non sarebbe giusto né per noi stessi, né per la persona che ci troveremmo di fronte, perché non siamo ancora guariti, perché l’esperienza non è ancora stata superata, perché semplicemente devono mettersi insieme una serie di cause ed effetti prima che giunga il momento migliore per una nuova chance. E dunque sembra non apparire mai all’orizzonte un qualcuno che allevi la solitudine, che ci faccia sentire meglio, che ci aiuti a rinascere. Così nel frattempo impariamo a riflettere e razionalizzare le nostre emozioni, apprendendo che un ricordo è meglio che rimanga tale, che un nuovo presente non sarebbe possibile con chi non è mai stato sufficientemente orientato a vedere la felicità dallo stesso nostro punto di vista, impariamo a distaccarci completamente da quel poco che ormai ci lega a quel passato.

Così, a pensarci bene, anziché farci sopraffare dalla nostalgia per qualcosa, o qualcuno, che ormai fa parte del passato, ricominciamo a camminare in avanti sorridenti, equilibrati e risanati da ciò che è stato ieri, e aspettare che arrivi la persona nuova che renderà più bello il nostro oggi.

 

Marta Lock