Le decisioni prese con la mente… sono molto spesso disattese e sovvertite… dalle intenzioni del cuore…
L’esistenza contemporanea è un costante equilibrio tra razionalità ed emotività, tra scelte che compiamo con la ragione ed eventi che coinvolgono e travolgo l’istinto al punto di renderci complesso l’attenerci alle decisioni prese. Eppure nel corso del nostro avanzamento personale, così come professionale, abbiamo appreso con chiarezza l’importanza della stabilità e dell’affidabilità sia nei confronti degli altri con cui ci siamo trovati a interagire, sia nei confronti di noi stessi perché la certezza e la coerenza sono cuscini comodi e rassicuranti per consentirci di escludere il caos e l’improvvisazione dal nostro cammino. La consapevolezza della rilevanza della solidità aumenta quanto più scopriamo che la nostra indole andrebbe invece naturalmente verso un possibilismo, un’innaturale precarietà che, se da un lato asseconderebbe la personalità spontanea che si sta delineando, dall’altro ci condurrebbe verso indeterminatezze e mancanza di fermezza di cui sappiamo di avere bisogno.
Dunque ci atteniamo quanto più possibile a quell’immagine di affidabilità e di stabilità che ci rassicura e che ci rende credibili agli occhi delle persone con cui ci relazioniamo. Per quanto ci riesca facile mantenere quel proposito nella sfera professionale e lavorativa, soddisfacendo così la nostra parte più metodica e scrupolosa, nella sfera emotiva invece gli eventi e gli altri con cui entriamo in contatto e con cui sentiamo il desiderio di relazionarci sembrano sopraggiungere per sovvertire l’ordine che abbiamo fortemente voluto, inducendoci a mettere in discussione convinzioni e scelte che pensavamo di aver preso in maniera definitiva. Così ci imponiamo razionalmente di lavorare di più sul nostro lato irrazionale, tenendo a bada quella fastidiosa tendenza a lasciar prevalere le emozioni su una razionalità che sarebbe più saggio seguire.
Perché se la nostra indole ci spinge ad aprire le porte al dolce caos dell’incoerenza, ci sforziamo tanto di frenarla e adeguarci a regole dentro le quali, per quanto vorremmo, non riusciamo a stare?
È davvero meglio impedire alla nostra naturale tendenza alla flessibilità emotiva e decisionale di emergere e di esprimere se stessa piuttosto che sentirci diversi da come crediamo di dover essere?
Come mai allora, nonostante scegliamo deliberatamente di allontanarci da qualcuno che mina quella stabilità che inseguiamo, ma da cui inconsciamente fuggiamo, sentiamo l’irresistibile impulso di ignorare la mente per lasciar prevalere le scelte del cuore?
Per quanto vorremmo essere in grado di gestire in maniera metodica e razionale le questioni emotive tanto quanto siamo diventati bravi a farlo con quelle professionali, la realtà è che l’indole che ci appartiene ci conduce verso percorsi differenti, fatti di decisioni prese con il raziocinio scaturente dalla paura, dall’irritazione per qualcosa che si è verificato, di consapevolezza di quanto siano stabilizzanti quei sentimenti che ci avvolgono, e poi di altrettante riflessioni e ascolto delle emozioni silenziose e sotterranee che si insinuano fino a non poter continuare a essere ignorate. Emozioni che, seppure in maniera differente, vengo manifestate, e perciò avvalorate, dall’atteggiamento dell’altro per il quale è altrettanto difficile mantenere il distacco nonostante le cose dette, le recriminazioni pronunciate, le categoriche posizioni prese.
E dunque, alla luce degli eventi e delle circostanze, possiamo solo accogliere la nostra natura incoerente e poco incline a inseguire a ogni costo le ragioni della mente, talmente distanti e opposte da quelle del cuore da renderci impossibile resistere a un richiamo emotivo che in fondo costruisce la nostra complessa personalità. Una natura forse inaffidabile e contraddittoria agli occhi esterni ma adorabilmente comprensibile davanti a chi accetta e accoglie questo nostro lato perché in fondo ci assomiglia molto di più di quanto sia disponibile ad ammettere e, soprattutto, davanti a noi stessi che liberiamo la nostra interiorità dal peso di non dover accettare un’interiorità mutevole e malleabile in grado di lasciar emergere le emozioni, ovunque conducano.
Marta Lock