Ascolta il silenzio

Le persone raccontano molto di più…quando restano in silenzio…perché con i gesti non riescono a nascondere…ciò che con le labbra non dicono…

Capita, durante la nostra strada evolutiva che alcune volte è caratterizzata da ripide discese e altre da durissime salite, di avere a che fare con situazioni durante le quali ci rendiamo conto di parlare troppo o troppo in fretta rispetto all’oggettiva maturazione degli eventi o al percorso della persona con la quale abbiamo a che fare in un determinato momento. Capita che, dopo esserci resi conto che con molta probabilità le cose avrebbero potuto seguire un corso diverso se ci fossimo fermati e resi conto di quando sarebbe stato il momento giusto per tacere e quello per parlare, quello per nasconderci e quello per rivelarci, quello per essere noi stessi fino in fondo e quello per rimanere in dispare e studiare la situazione, non siamo più certi di cosa dire e cosa fare e soprattutto quando farlo.


Spesso quindi dopo l’attento esame di quanto avvenuto e di autocoscienza degli errori compiuti non una ma tante altre volte, giungiamo alla conclusione che è meglio aspettare e valutare bene le situazioni prima di metterci a nudo e osservare attentamente per capire la persona con la quale abbiamo a che fare. Perciò ogni reazione, ogni risposta, ogni discorso fatto per rivelare il nostro modo di pensare e approfondire la conoscenza, viene filtrato da quella fitta rete di freni che impediscono a chi si trova di fronte a essa di vedere nitidamente cosa c’è dietro.

Questo se da un lato ci toglie spontaneità dall’altro ci aiuta a non farci leggere da chiunque come se fossimo dei libri aperti, dandoci l’opportunità di tutelare la nostra parte fragile o debole e lasciarci quel piccolo spiraglio che ci permetterà di fuggire qualora la situazione diventi pericolosa per il nostro equilibrio, tanto faticosamente raggiunto. L’analisi è diventata talmente approfondita e talmente consapevole da renderci perfettamente in grado di capire il perché di molti nostri atteggiamenti apparentemente strani o distaccati quando in realtà vorremmo fare tutt’altro, e di giustificare noi stessi per non riuscire a lasciarci andare, non subito, non con chiunque, men che meno con chi ci piace molto di più di qualsiasi altro.

Allora perché quando ci troviamo davanti una persona con il nostro stesso atteggiamento non riusciamo a comprendere che potrebbe attuare il medesimo meccanismo difensivo?

Perché pur essendoci chiari segnali nel comportamento e nel modo di porsi nei nostri confronti, ci fermiamo alla superficie più distaccata delle parole che pronuncia o di quelle che non dice?

Per quale motivo, sebbene diamo per scontato che gli altri dovrebbero capirci osservando i nostri gesti senza aspettarsi troppe parole, non riusciamo ad accettare che non ci esprimano a voce le sensazioni o emozioni?

Se è vero che abbiamo compiuto un percorso che ci ha insegnato a frenare un po’ la nostra impulsività, a moderare il nostro entusiasmo, a trattenere i nostri desideri per capire meglio il ritmo e i tempi di chi irrompe improvvisamente nel nostro universo emotivo, non possiamo non accettare che la vita abbia indotto l’altro a fare la stessa analisi, portandolo a sua volta a scegliere il silenzio, il ritmo lento, il desiderio di osservarci da lontano tanto quanto lo abbiamo sviluppato noi. Anche se questo tipo di sensazione può darci l’impressione di non progredire in realtà non è affatto così perché ciò che proprio non possiamo nascondere sono i gesti, gli sguardi, le attenzioni che silenziosamente diamo o riceviamo, nonostante cerchiamo e desideriamo trattenerci.

Ciò che diventa impossibile dire, raccontare e manifestare, a causa di quella rete filtrante che la vita ci ha insegnato a ergere a difesa delle nostre debolezze, non può essere nascosto nei gesti e nel modo di comportarci, tanto più spontaneo quanto più ci sentiamo sicuri di non essere osservati.

Perciò quando sentiamo forte il desiderio di sentirci dire cose che noi stessi non riusciamo più a dire, o di veder l’altro fare cose plateali che noi per primi abbiamo perso la spontaneità di fare, desiderando essere compresi e apprezzati per ciò che siamo davvero al di là di quanto scegliamo di mostrare al mondo, proviamo a fare lo stesso…perché sarà solo ascoltando i suoi silenzi che potremmo sentire e scoprire tutto ciò che vorrebbe dirci senza riuscire a farlo.

 

 

Marta Lock