Contro la corrente

A volte il destino sembra remare contro… ma forse è proprio attraverso l’apparente avversione… che ci spinge esattamente dove sembra volerci ostacolare…

In quante occasioni abbiamo avuto la sensazione di avere sulle spalle un pesante macigno che ci impediva di andare nella direzione desiderata?
 

Quanto fortemente abbiamo sperato che tutti gli ostacoli sparissero miracolosamente spianando quella strada che tanto era in salita?

Perché in quelle delicate fasi tutto ciò che cercavamo di fare non dava alcun risultato inducendoci scoraggiati e rassegnati a guardare altrove?
 

Qual è il motivo per cui a volte tutto sembra andare per il verso sbagliato?

Quando siamo presi a lottare per qualcosa, o per qualcuno, che rende impensabile la possibilità di rinunciare né tantomeno plausibile l’opzione che quella non sia la scelta giusta per noi, sembriamo accanirci in modo ostinato come se desistere costituisse una pesante sconfitta, per noi stessi e per la nostra autostima. Dunque diamo inizio e seguito a un estenuante braccio di ferro con il destino avverso durante il quale, in alcuni casi, perdiamo addirittura di vista la reale motivazione della battaglia che potrebbe non avere più niente a che fare con la forza con cui vogliamo restare attaccati alla situazione o alla persona, bensì si trasforma piuttosto in un puro impulso irrefrenabile a voler vincere la sfida.

Ma i segnali che forse non era il destino a remare contro di noi ma anzi eravamo noi a remare contro il suo energico suggerimento, c’erano stati, tanti e anche molto evidenti in alcuni casi, tuttavia noi abbiamo preferito non vederli, optando per una cecità intuitiva che ci aveva portati dentro un tunnel di frustrazione proprio per non essere riusciti a ottenere il risultato sperato, o per non essere riusciti a tirare fuori il meglio di qualcuno che probabilmente era semplicemente inadatto a noi e che avrebbe tirato fuori tutto il suo meglio con qualcuno di molto diverso. Questo non perché fossimo sbagliati noi o lo fosse lui, semplicemente perché, se avessimo dato ascolto al destino avverso e a quell’istinto che voleva seguirlo ma che abbiamo fatto soccombere sotto l’ala della volontà razionale di non mollare il colpo, forse avremmo compreso e accettato con maggiore consapevolezza la chiara evidenza che quella per cui combattevamo non era la battaglia giusta, la causa non era la migliore per noi, lo sforzo nel vincere non era commisurato a ciò che avremmo ottenuto se fossimo riusciti.

E dunque ci sediamo e ascoltiamo l’eco del passato, osserviamo dal di fuori il nostro tronco che voleva resistere alla forte corrente e che percepiva le acque rapide come avverse, ostili, contrapposte alla sua volontà di restare attaccato alla riva, e lasciamo nascere in noi un punto di vista, nuovo, diverso, un’angolazione spostata grazie alla quale scorgiamo il chiarore di quelle acque, grazie alla quale scopriamo con sorpresa che gli ostili al loro flusso eravamo noi, loro stavano semplicemente spingendoci verso una direzione più naturale, più spontanea, più giusta o che ci avrebbe resi molti più felici e appagati di quella per cui si ostinavamo a lottare.

A quel punto tutto diventerà più semplice, più lineare, meno faticoso, non perché siamo cambiati o abbiamo cambiato opinione bensì perché abbiamo imparato l’importante regola dell’ascolto di una preziosa corrente, di un magico flusso, che ci parla, ci indica, ci suggerisce la via verso quella felicità che tanto cercavamo senza mai trovarla. A quel punto lo sguardo che incroceremo non sarà più quello che ci rende inquieti, al contrario sarà quello che ci farà sentire bene, accolti, appagati da una reciprocità che non ci costringerà mai a dover combattere contro, semmai insieme.
 

E così quegli ostacoli che tanto avevamo detestato diverranno un sorriso sollevato per trovarci in un sentiero libero dalle ombre delle resistenze e illuminato dalla luce della naturalezza, mentre la corrente non è più un vortice dentro il quale ci sentiamo risucchiati bensì quel sereno flusso che non vogliamo più rinunciare a seguire.

 

 

Marta Lock