Ciò che siamo davvero…non è ciò che ci impegniamo a mostrare…ciò che siamo davvero è ciò che esce fuori…quando siamo impegnati in altro…
In tutti gli incontri che facciamo, che siano di tipo sentimentale o professionale, fermo restando che qualunque cosa possa improvvisamente trasformarsi in altro, tendiamo sempre nelle fasi iniziali a muoverci con una strana rigidità che ci induce a dare il meglio di noi, o quello che crediamo lo sia, mettendo in secondo piano la nostra vera natura. Questo accade perché ci è stato insegnato che fingere di essere migliori di come siamo sia il modo migliore per fare una buona impressione su chi non ci conosce, dimenticando o non prendendo in considerazione la possibilità che ciò che siamo appaia e risulti migliore di ciò che crediamo di dover essere. A parte il giro di parole, questo è il modo comune di comportarsi e lo stesso che poi, nell’approfondimento delle relazioni, provoca fraintendimenti e cambi di direzione per trovarsi di fronte a qualcuno che non era come avevamo creduto, così come altrettanto avviene per chi si confronta con noi.
Mentre dal punto di vista professionale questo nascondersi non provoca più di tanto disagio o quanto meno sicuramente controllabile e gestibile, la cosa diventa ben più complicata quando ci troviamo in situazioni sentimentali dove comprendere chi ci sta di fronte diventa molto più nebuloso e poco chiaro perché ovattato dalle emozioni e dalle sensazioni provate nei primi tempi, quando sembra quasi un imperativo dare il meglio di sé per far sì che l’altro si innamori di noi e noi di lui, abbassando la guardia solo nel momento in cui stiamo soli con noi stessi o quando crediamo che l’altro non ci stia osservando. Tutto ciò succede nel momento in cui siamo pienamente consapevoli di cosa vorremmo nascesse e di cosa desideri l’altro.
Esistono però altre situazioni in cui l’incertezza sul tipo di rapporto che potrebbe nascere ci porta da un lato a tenere i sensi allertati qualora l’oggetto del nostro interesse riveli una reciprocità che potrebbe chiarirci le idee, dall’altro ci fa sentire molto più rilassati nel rivelare con naturalezza il nostro modo di essere e nel parlare di ciò che ci appassiona, tranquilli che, male che andrà, potrà nascere un’amicizia o un rapporto basato sulla stima reciproca. Sebbene dunque una parte del nostro intuito emotivo senta una leggera vibrazione, cerchiamo di ignorarla finché tutto non sarà più limpido e scegliamo di sentirci liberi di essere.
Perché davanti a qualcuno che ci piace tendiamo a credere di dover mostrare solo il nostro lato migliore?
Non è forse vero che una persona dovrebbe sentirsi attratta da tutto il nostro essere senza spaventarsi da ciò che vorremmo nascondere?
Per quale motivo è tanto difficile essere naturalmente noi stessi quando crediamo di destare l’interesse di qualcuno quanto è facile rivelarci nel momento in cui siamo convinti di non suscitarlo, ottenendo in realtà l’effetto contrario?
Il lato migliore di noi stessi è quello che trapela quando siamo convinti di non essere osservati o nel momento in cui siamo intenti a parlare di altro, rivelando cose di noi che non siamo consapevoli stiano fuoriuscendo perché concentrati su altro che non sia l’obiettivo della conquista. Ma inconsapevolmente quel nostro spiegare ciò che ci appassiona o parlare di ciò che ci interessa, lascia uscire una luce speciale proprio perché non filtrata né trattenuta da nulla e nessuna di tutte le motivazioni razionali che in altre situazioni la offuscherebbero così tutto quel nostro svelare senza sapere di farlo, cattura in modo magnetico l’attenzione di chi ci ascolta permettendogli di scoprire quel naturale meglio di noi che altrimenti impiegherebbe molto più tempo a uscire fuori.
E altrettanto inconsciamente l’altro abbasserà la guardia e rivelerà a noi quel meglio di sé che probabilmente, trovandosi in una situazione diversa o più consapevole dell’evoluzione o del seguito che la conoscenza potrebbe avere, non avrebbe mai lasciato trapelare. Dunque all’interno di quel naturale stato di ammirazione reciproca, potrebbe nascere qualcosa di molto più vero di quanto non avrebbe potuto esserlo diversamente, proprio perché le difese abbassate hanno indotto entrambi a non nascondere, dietro il filtro dell’armatura lucente, un qualcosa che era molto più bello sapere prima e per quello, e solo grazie a quello, innamorarsi.
Marta Lock