Ciò che ci ha feriti…può condizionare la capacità di lasciarsi andare…ciò che ci ha disillusi…quella di credere…ma niente potrà mai renderci incapaci di sentire, provare, amare…
Eh già…può succedere anche questo nel nostro sempre imprevedibile percorso emotivo e sentimentale: incontrare qualcuno che ci piace tantissimo, che ci fa stare bene, che ci permettere di essere noi stessi in pieno, senza filtri, senza timori e senza preoccupazione di dover mantenere un atteggiamento che ci snatura un po’ per essere sicuri di piacere di più all’altro. Insomma qualcuno con cui ogni cosa è semplice, spontanea, naturale. Quando si verificano questi rari incontri le sensazioni provate difficilmente sono univoche e, sebbene le esperienze ci abbiano insegnato a non dare nulla per scontato e a non credere reciproco qualcosa che invece potremmo sentire solo noi, ogni gesto, ogni sguardo, ogni movimento ci rivela che anche l’altro sta vivendo, più o meno consapevolmente, la nostra stessa sensazione.
Superato il primo periodo di trasporto assoluto, durante il quale l’emotività è talmente amplificata da non permettere a nessuno dei due di fermarsi a riflettere su quanto l’altro possa costituire un pericolo o un rischio per la propria stabilità, ci potremmo trovare faccia a faccia con i fantasmi del passato o con gli uragani sentimentali dai quali siamo usciti a fatica e che hanno segnato il giro di boa del nostro atteggiamento nei confronti di qualcuno che ci fa sentire coinvolti. Allora ci ricordiamo di quanto abbiamo sofferto quella volta in cui la persona alla quale abbiamo donato il cuore, ci ha feriti più o meno volontariamente, inducendoci a chiuderci a riccio e promettendo a noi stessi che non ci saremmo mai più lasciati andare.
Oppure ci torna in mente quel rapporto nel quale abbiamo creduto e investito tanto per poi renderci conto che l’altro ci chiedeva dei cambiamenti talmente radicali da farci comprendere che in realtà non solo non aveva capito affatto chi fossimo in realtà poiché incapace di vederci davvero ma non era neanche innamorato di noi, semmai dell’idea di coppia che aveva al di là della persona con la quale aveva scelto di formarla.
Quei ricordi sempre più vivi portano perciò di punto in bianco quello dei due che è rimasto più spaventato o disilluso dai propri trascorsi sentimentali o che non è riuscito ad analizzarli completamente per comprenderne i come e i perché che gli permetterebbero di accettarli come parte del suo percorso di formazione e di crescita emotiva, cambia comportamento cercando in tutti i modi di distaccarsi da chi rischia di rubargli quel cuore che ha deciso di non donare mai più a nessuno. Eccolo quindi prodigarsi in atteggiamenti distaccati o di resistenza per dimostrare, più a se stesso che a chiunque altro, di non volere e di non essere più capace di coinvolgersi, atteggiamento con il quale riuscirebbe ad allontanare chiunque non sia capace di leggere in fondo ai suoi occhi.
Perché nascondersi e nascondere le proprie emozioni diventa a un certo punto tanto rassicurante?
Per quale motivo tendiamo a convincerci che chiunque ci troviamo davanti possa essere un clone di chi abbiamo incontrato in precedenza e che sicuramente si ripeterà lo stesso copione?
Cosa ci induce a ritenere impossibile che un altro individuo possa essere talmente simile a noi nel modo di vedere le cose da essere assolutamente complementare anche se diverso, e quindi perfettamente capace di accettarci esattamente come siamo?
I fantasmi del passato costituiscono una grande ombra nel nostro presente, facendoci costruire delle barriere via via più alte per proteggerci da ulteriori disillusioni e delusioni, e questo ci fa sentire forti mentre il fatto di manifestare apertamente la nostra ritrosia alle emozioni ci convince di essere diventati impermeabili a esse. Ma nell’intimità della nostra anima, quando in silenzio chiudiamo gli occhi o ci guardiamo allo specchio, non possiamo fare a meno di ammettere che tutti i timori, le difese, i tentativi di allontanamento, non sono sufficienti a impedirci di provare emozioni, sentire coinvolgimento e innamorarci di quel qualcuno accanto al quale ogni cosa diventa bella, piacevole, spensierata.
In un altro luogo però l’altro, pur essendo stato capace di vedere chi siamo veramente, di sentire le emozioni condivise e di comprendere che la nostra chiusura era stata dettata da paure, difese e incapacità di credere ancora che esista qualcuno capace di accettarci esattamente per come siamo, perché è proprio così che ci avrebbe voluto se ci avesse disegnati o dipinti, sia in ogni caso rimasto ferito dalla nostra incapacità di stargli accanto nel modo in cui chiedeva di farlo che coincideva perfettamente con quello in cui avremmo potuto e desiderato a nostra volta. Oppure può essere rimasto deluso dal nostro atteggiamento di distacco che era servito a noi per testare in qualche modo la sua reazione e i suoi sentimenti e vedere quanto impegno avrebbe messo per convincerci della sincerità di ciò che provava, ma che ha impedito a lui di portare con sé un ricordo bellissimo e piacevole proprio a causa di quella nota fortemente stonata causata dal nostro atteggiamento sorprendentemente freddo e indisponente se paragonato ai magnifici momenti vissuti insieme fino a poco prima. E a fronte del modo deciso con il quale l’abbiamo allontanato nel momento in cui sentivamo di dover fuggire, potrebbe rimanere negativamente colpito al punto di allontanarsi da noi a sua volta.
Davanti all’evidenza che in alcuni casi, nonostante gli sforzi, gli allontanamenti, i distacchi, non riusciamo a non provare quelle emozioni forti che prendono cuore e anima a un livello non controllabile, potremmo trovarci a dover far fronte a un vuoto causato solo e unicamente dalla nostra mancanza di coraggio che può aver ferito talmente tanto l’altro da averlo allontanato da noi, lasciandoci di nuovo in silenzio e nell’intimità del nostro momento introspettivo a domandarci quanto sia valsa la pena fingere di ignorare i sentimenti se alla fine ha avuto l’effetto di allontanarci dalla possibilità di essere semplicemente felici.
Marta Lock