Esistono persone che con un solo sguardo… riescono a darci tutte le rassicurazioni che avremmo voluto sentire… ma che nessuno è stato mai capace di darci…
Conoscere se stessi all’interno del complicato mondo delle relazioni interpersonali implica un vero e proprio ottovolante di emozioni molto spesso deludenti, altre incredibilmente esaltanti ma tutte funzionali a comporre lo sfaccettato puzzle che costituisce la nostra personalità in divenire. Nell’ambito di questo accidentato percorso va da sé che siamo costretti a imbatterci in tipologie di persone e di circostanze differenti che da un lato ci inducono a conoscere lati di noi altrimenti inesplorati mentre dall’altro vanno a erodere quella fiducia in noi stessi e negli altri che contraddistingue la baldanza di un’età giovanile durante la quale nulla è temuto perché non ci sono ancora ferite precedenti a modificare punti di vista e approccio alla vita. Durante il percorso di esplorazione pertanto, può accadere di perdere alcune certezze, di trasformare lo sguardo, precedentemente positivo e fiducioso, e di mettere in atto un’attenta analisi di qualcuno che si pone per la prima volta davanti a noi o che fa già parte della nostra vita ma con cui percepiamo di non poter abbassare la guardia.
Sì perché le esperienze passate sembrano aver affinato il nostro istinto, quell’impulso all’autoconservazione e all’esclusione del dolore emotivo dalla nostra esistenza, costringendoci a rivedere la nostra posizione nei confronti dell’apertura, del possibilismo e del concedere sempre l’opportunità di essere credute alle persone che desideriamo facciano parte del nostro presente. In quel caso, malgrado il nostro inespresso desiderio che l’altro non ci deluda, non possiamo fare a meno di cogliere quei comportamenti simili al passato, quelle frasi buttate lì per caso che in noi fanno suonare tutti i campanelli d’allarme, fanno alzare tutte le barriere difensive necessarie per non riaprire ferite appena cicatrizzate ma pronte a far di nuovo male. Così non possiamo fare a meno di sentirci assaliti dal dubbio, dal sospetto, dalla possibilità che ciò che è accaduto possa tornare a far parte, anche se con modalità differenti, del nostro presente, inducendoci a diventare più accorti, più attenti al minimo dettaglio che possa costringerci a fare un balzo indietro verso una storia che non vogliamo più si ripeta.
Perché crediamo che un episodio del passato sia destinato a ripetersi malgrado la persona che abbiamo di fronte sia completamente diversa da quella che aveva provocato la ferita precedente?
È giusto far sì che uno o più episodi accaduti tempo prima compromettano la lucidità con la quale dovremmo affrontare ciò che si verifica nel momento attuale?
E soprattutto siamo sicuri che un atteggiamento di difesa sia in grado di tutelarci dall’evoluzione naturale delle circostanze che si verificherà a prescindere da tutto ciò che noi possiamo fare o non fare?
Nel momento in cui ci interrelazioniamo con qualcuno che ci interessa davvero è normale che sorgano paure e circospezioni attraverso le quali osserviamo e valutiamo quanto ciò che stiamo vivendo o quanti tratti della nuova persona siano riconducibili al nostro vissuto, quello che ha modificato la nostra essenza e il nostro naturale atteggiamento provocando un crollo della fiducia con cui abbiamo dovuto fare i conti molto a lungo. Eppure qualcosa ci suggerisce di aspettare prima di prendere una posizione, di ricordare che ogni persona costituisce un mondo a sé, che ogni circostanza è diversa da qualunque altra abbiamo vissuto e che è un errore accomunarle solo perché alla nostra emotività ferita sembrano simili; così ci diamo, e diamo all’altro, un’altra opportunità, sperando segretamente che quel dubbio, quel sospetto, si dissolva e ci induca a riacquistare la fiducia perduta.
Prendendoci quell’attimo in più avremo l’opportunità di incrociare in modo più profondo lo sguardo dell’altro, scoprendo che tutto ciò che avevamo creduto simile era in realtà profondamente diverso, perché nei suoi occhi troveremo tutte le risposte alle domande che non avevamo il coraggio di fare.
Marta Lock