Ci diciamo convinti che i fatti valgono più delle parole… eppure esistono frasi che non riusciamo a dimenticare… perché in realtà le parole contano…
Molti di noi, pur essendo sognatori, scelgono di dare più importanza a un equilibrato senso pratico che ci induce a dare molta più importanza alle azioni piuttosto che a cosa dette e che spesso non sono tradotte in fatti. Questo soprattutto se in passato abbiamo creduto a promesse disattese, dando fiducia a persone che non la meritavano proprio in virtù del loro essersi rivelate completamente inattendibili. Dunque razionalizziamo gli eventi e giungiamo alla conclusione più logica, che è anche la migliore in quella particolare fase, cioè quella di guardare la sostanza, la concretezza, piuttosto che una forma, o meglio un approccio verbale che di fatto non porta a nulla.
In quel passaggio tendiamo addirittura a raccontarci che preferiamo il silenzio, perché può essere molto più denso di significati di tante parole buttate al vento, e optiamo per una strada ben più pericolosa, per il nostro equilibrio, che non la precedente ossia sottovalutare completamente la necessità di un dialogo inteso semplicemente come confronto, mezzo di conoscenza fondamentale. Questa strada presenta però una grande insidia che è l’equivoco, perché se è vero che poche parole non possono deluderci in quanto non creano aspettative che possono essere disilluse, inducendoci così a valutare solo i gesti man mano che ci vengono donati, è altrettanto vero che tutto ciò che non viene detto può essere interpretabile e fonte di tensione tra ciò che siamo convinti di aver compreso noi – da un silenzio, da uno sguardo, da un gesto – e ciò che invece voleva intendere l’altro.
Trovandoci così nell’incertezza decidiamo di forzare un po’ la mano e di tentare di spostare il rapporto su un livello differente, più incline a domandare per ricevere risposte invece di tentare noi di indovinare; l’altro, abituato e a volte nascosto dietro la tenda comoda della possibilità di eludere, si trova improvvisamente a doversi esporre, spesso con il fastidio del dover uscire dal suo confortevole guscio, e si lascia sfuggire frasi che ci colpiscono come un sonoro schiaffo. A quel punto tutto il nostro castello di carte crolla, tutto il mondo idilliaco in cui avevamo vissuto fino a poco prima si frantuma in mille pezzi, così come la convinzione che solo i gesti contino, che le parole non siano necessarie, che si può farne a meno. E invece sono proprio quelle parole pronunciate quasi controvoglia, come se l’altro sapesse che avrebbero costituito un punto di non ritorno, che continuano a riecheggiare come un tamburo nella nostra testa annullando la sensazione di sicurezza e di apparente reciprocità emotiva generata dai suoi piccoli gesti, magari non tanto plateali però sufficienti a noi per credere di poter indovinare il suo reale interesse.
Cosa fare quindi?
Continuare a credere ai fatti senza dare importanza all’assenza di parole oppure rivalutare la necessità di avere risposte che possano in qualche modo dare sostegno alle azioni?
Perché non abbiamo cercato di trovare delle risposte? Era forse paura la nostra? Timore che tutto ciò che avevamo creduto di intuire non fosse reale?
E comunque, non sarebbe stato meglio sapere subito anziché crearci una realtà parallela fatta di silenzi interpretabili, esponendoci a una delusione ben più cocente poi?
Nella ricerca adulta di ciò che è davvero essenziale non dovremmo mai trascurare l’importanza di un completamento tra ciò che è e ciò che abbiamo bisogno di sentirci dire, tra ciò che desideriamo ricevere e ciò che è importante conoscere dell’altro, sentendolo dalla sua voce, un’armonia tra ciò che sentiamo di voler dire noi e la reciprocità da parte della persona con cui abbiamo scelto di camminare per mano. Certo, gli individui vanno accettati per come sono ma è anche vero che non si dovrebbe mai rinunciare completamente alle proprie esigenze per assecondarsi alla personalità di un altro perché in un rapporto vero anche l’altro dovrebbe avvicinarsi a noi.
E se guardiamo verso il passato, una frase che ci ha feriti, è rimasta indelebile nella nostra memoria emotiva, continuando a riecheggiare e riemergere nei momenti più inaspettati; così come i momenti e le emozioni più belle sono sempre state legate alla musicalità di parole che ci hanno resi felici, che sia stato per un attimo o per sempre. Ecco perché è molto meglio ricevere anche le parole, non fermarci solo ai fatti, importanti sì ma incompleti.
Perché nella ricerca dell’essenziale anche le parole contano.
Marta Lock