E poi comprendiamo che il confronto è un momento fondamentale… non solo per scoprire le ragioni e le reazioni dell’altro… ma anche per conoscere più a fondo noi…
Per molto tempo nel nostro passato emotivo e personale ci siamo sentiti fortemente a disagio davanti a contrasti che avevano avuto l’effetto di condurci a uno scontro diretto, un po’ a causa del nostro temperamento impulsivo ma in fondo decisamente sincero, un po’ perché nelle intemperanze giovanili eravamo incapaci di controllare la veemenza nell’esprimere un pensiero, un punto di vista. In molte di quelle situazioni in cui finivamo per trovarci però, l’altra parte si era sentita talmente infastidita dall’essere davanti a un’aperta ostilità su un suo comportamento o relativa a una circostanza che si stava verificando, da aver reagito con un silenzio e in alcuni casi con una fuga assolutamente inaspettati e non desiderati da noi. Non era quello il risultato che volevamo ottenere, tutt’altro, il nostro obiettivo era sempre il confronto, l’espressione dei reciproci pensieri anche se differenti, al termine del quale giungere a una conciliazione o almeno a un’accettazione delle rispettive diversità per poi proseguire nel rapporto, di qualunque natura esso fosse.
Di fronte però alle variegate reazioni, molte delle quali di chiusura e di fuga, abbiamo cominciato a dubitare che l’esprimere liberamente e con fervore ciò che provavamo nel profondo fosse la scelta migliore per noi e per il nostro rapportarci con le persone a cui tenevamo, sviluppando così un atteggiamento inverso, tendente a nascondere e tenerci dentro ciò che davvero pensavamo nel timore di veder allontanarsi l’altro come avevamo visto fare a chi lo aveva preceduto. Certo, in questa seconda parte di cammino, abbiamo appreso molto bene a far tacere le nostre esigenze interiori, ponendoci in una posizione di ascolto e di accettazione della completezza di chi avevamo davanti senza però mai manifestare le nostre reali esigenze se non sparendo di punto in bianco quando capivamo che non sarebbero state soddisfatte. Nell’analisi di ciò che accadeva in quel periodo della nostra vita, non riuscivamo a trascurare quel senso di insoddisfazione per non sentirci mai davvero compresi, quel dover mettere a tacere una parte di noi che era necessaria per farci conoscere e per conoscere l’altro, senza veli, senza timori di allontanamenti, senza paura di mostrare il meglio e il peggio perché in fondo, se avesse scelto di andare via come altri prima, avremmo solo scoperto che non era qualcuno con cui proseguire il nostro cammino.
Per quale motivo preferiamo a volte fare un passo indietro e rinunciare a una parte di noi stessi per il timore di perdere chi, tutto sommato, non è poi così tanto affine da accettare tutti i nostri lati?
Come mai ci siamo convinti che lo scontro generi solo la distruzione di un rapporto, che sia d’amicizia o d’amore, invece di seguire il nostro istinto che ci aveva sempre indotti a vederlo come un mezzo per costruire qualcosa di più profondo?
Nel momento in cui ci troviamo davanti a persone simili a noi, quegli individui davvero importanti che giungono apparentemente per caso nella nostra vita e poi restano per sempre malgrado tutto, le cose sembrano prendere una piega completamente diversa da quella immaginata o vissuta in precedenza, perché loro dimostrano di non lasciarsi spaventare da un confronto, anche se acceso, che accettano e accolgono le nostre ragioni tanto quanto noi lo facciamo con le loro. E anche se hanno, e abbiamo, bisogno di allontanarci solo per un attimo, poi si compie un processo di introspezione e di riflessione che ci induce a scoprire che tutto sommato quel dettaglio su cui ci eravamo scontrati era meno importante della reazione che abbiamo visto nell’altro, quell’accogliere il momento del contrasto come parte della crescita e della costruzione di un rapporto che non si lacera, non si dissolve bensì resta.
Attraverso quei confronti, talvolta più misurati e altre più accesi, abbiamo appreso a conoscere meglio noi stessi, le nostre profondità e l’importanza che quella persona ricopre nella nostra vita, quei suoi spigoli che in fondo ci piacciono perché sono perfettamente compatibili e complementari ai nostri, perché le sue reazioni sono quelle che ci piacciono davvero nel momento esatto in cui l’impulso del momento vorrebbe che non ci piacesse niente. Tanto quanto all’altro piace quel nostro lato diretto e impulsivo che lo induce a riflettere non solo sul frangente bensì anche su quanto abbia bisogno di sentirsi dire le cose esattamente come gliele sappiamo dire noi.
E così in modo bizzarro quanto inaspettato, ci troviamo, scontro dopo scontro, a legarci via via più indissolubilmente.
Marta Lock