È molto meglio risultare pignoli… per aver chiesto una spiegazione in più… piuttosto che realizzare di non aver capito nulla… per la superficialità di non averla chiesta…
Quando abbiamo scelto il nostro cammino, l’evoluzione che sapevamo di dover affrontare per crescere ed elevarci verso una maturazione necessaria a strutturare le persone che siamo oggi, ci siamo inevitabilmente trovati a confrontarci con molteplici e differenti persone che hanno accompagnato per un periodo più o meno breve la nostra esistenza; alcune di queste erano perfettamente affini a noi al punto di aver reso superfluo lo sforzo di chiarimento che invece siamo stati costretti ad affrontare con altri, quelli con i quali tutto sembrava essere più nebuloso, meno limpido. In quel caso ci siamo sentiti abbastanza sicuri da lanciarci nell’improbabile impresa di interpretare quelle parti meno chiare del rapporto con le persone più divergenti, basandoci sul nostro intuito, sulla nostra emotività e sul legame che eravamo convinti di aver creato con loro; malgrado la convinzione di riuscire a spiegare persino quei silenzi che giustificavamo con una riservatezza o con una celata timidezza, ci è capitato di essere poi stati smentiti nelle nostre ipotesi dai comportamenti della persona con cui ci stavamo confrontando.
Nel tentativo di avvicinarci e di avere tutto più chiaro, di comprendere meglio una posizione netta o di dare un senso a un’inversione di tendenza che non avevamo previsto, ci siamo però trovati a dover fare i conti con un muro di gomma il quale ci induceva a ulteriori illazioni, ipotesi, interpretazioni di ciò a cui continuavamo a non trovare una spiegazione logica e razionale. Da quel tipo di esperienza siamo usciti frustrati, insoddisfatti e scontenti dell’altro, vedendolo come un antagonista che ha volutamente ignorato le nostre esigenze inducendoci a commettere errori di valutazione, illudendoci a volte, ma soprattutto rifiutandosi di darci quelle risposte che silenziosamente chiedevamo. In quel momento abbiamo compreso la necessità di fare un passo indietro rispetto alla nostra sicurezza di essere perfettamente in grado di intuire la vera natura degli altri semplicemente osservandoli, e abbiamo deciso che da quel momento in poi al minimo dubbio saremmo diventati più incisivi e meno timorosi di fare domande, di approfondire attraverso il dialogo le rispettive posizioni, e avremmo smesso di provare a dare un senso basandoci su come siamo e come agiremmo noi. A seguito di questa decisione tuttavia, può essere successo di incontrare qualcuno che invece preferisce vivere negli equivoci, un po’ per sua indole personale, un po’ perché qualcuno gli ha fatto credere di risultare più interessante mantenendo un filo di mistero, pertanto a ogni nostra ricerca verbale di chiarezza, l’altro indietreggiava nell’ombra della nebulosità accusandoci di un’eccessiva pignoleria che non era in grado di tollerare.
Per quale motivo alcune persone preferiscono essere fraintese piuttosto che manifestare con chiarezza il loro pensiero o i motivi dei loro atteggiamenti?
Come mai in precedenza avevamo commesso un errore nel fare poche domande e ora ci rendiamo conto di commetterne un altro facendone troppe?
Se qualcuno fugge davanti ai nostri tentativi di dialogo, non è forse vero che probabilmente non ha alcuna intenzione di avere un atteggiamento costruttivo?
Alla fine di tutto, il risultato raggiunto è stato comunque quello di aver perso la persona che in qualche modo aveva acceso il nostro interesse tuttavia abbiamo evidenziato una differenza sostanziale: mentre nel primo caso ci siamo sentiti sciocchi per non aver avuto il coraggio di chiedere dando un’interpretazione di fatto troppo lontana dalla realtà e lasciandoci pertanto ingannare dalle circostanze o dalla nostra visione eccessivamente ottimista rimpiangendo la mancanza di temerarietà che ci avrebbe indotti a domandare e approfondire, nel secondo sappiamo di aver fatto tutto per andare diretti al nocciolo della questione pur avendo trovato un muro inaccessibile che non ha saputo fare altro che allontanarsi velocemente dalla nostra trasparenza, dall’esigenza di costruire un rapporto limpido e più adulto. Entrambi i personaggi erano due facce diverse della stessa medaglia, quella della nebulosità che nasconde la mancanza di intenzione di porsi in maniera costruttiva all’interno di un rapporto e così scopriamo che in fondo è stato meglio scoprire prima il loro atteggiamento perché ci ha indotti a comprendere che non siamo interessati a sentirci costantemente inadeguati a causa di immaturi e misteriosi silenzi.
Ma nel secondo caso abbiamo la certezza di aver avuto un tipo di approccio che non ci ha fatti sentire stupidi o inadeguati, abbiamo affrontato la realtà e abbiamo dissolto un gioco che l’altro avrebbe potuto condurre molto a lungo. Da quel momento sapremo con maggiore consapevolezza di dover rincorrere la chiarezza e l’apertura, se vogliamo raggiungere un equilibrio relazionale più sereno in cui possiamo sentirci noi stessi e di cui il mistero, la nebbia, non debba far parte.
Marta Lock