Nel bene e nel male

La capacità di qualcuno di accettarci per come siamo… non dovrebbe mai spingerci… a fargli desiderare di non averlo fatto…

Esistono persone che dimostrano di avere quella particolare quanto rara capacità di accettare gli altri esattamente come sono, senza giudicarli, senza volerli cambiare, senza alcun tipo di aspettativa, semplicemente conoscendoli e accogliendo le loro estremità, i loro bordi, e decidere di stare con loro senza voler recriminare o criticare atteggiamenti e modi di fare e di esprimersi. Queste stesse persone ci fanno sentire subito bene, a nostro agio perché sappiamo che con loro possiamo essere noi stessi, abbassare i veli, azzerare i filtri, certi che il loro sguardo sia capace di andare oltre ciò che si vede all’esterno.

Il loro modo di guardarci è sempre talmente indulgente e rassicurante anche quando, inevitabilmente, si verificano quegli episodi che avevano tanto infastidito o messo a disagio chi aveva avuto a che fare con noi in precedenza, da indurci a credere di poterci lasciar andare senza trattenere o mitigare gli eccessi perché tanto verremmo capiti e le nostre estremità avvolte dalla rassicurante accoglienza che l’altro ci ha sempre dato prova. Così, giorno dopo giorno, iniziamo a non preoccuparci più di dover dimostrare quanto ci teniamo a fare delle cose che piacciano all’altro, perché tanto siamo sicuri che non sia necessario, perché comprende, perché non ne ha bisogno, perché sa andare oltre e avere sempre ben presente cosa può nascondere una nostra assenza, una nostra non risposta, una nostra fuga. Glielo abbiamo spiegato perciò non dobbiamo farlo di nuovo ogni volta, lo sa, lo capisce, ne siamo certi. Talmente certi da non renderci conto che il suo sguardo è un po’ cambiato, che la sua accoglienza si è trasformata in tolleranza, che il fatto di averci fatti sentire accettati non doveva sottintendere che avrebbe dovuto accettare tutto il peggio di noi, così come se il solo fatto di averglielo detto ci avesse liberati dal peso di dover prestare attenzione ai suoi sentimenti e alla sua sensibilità.

Cos’è che ci fa credere di non dover dimostrare riguardo nei confronti di chi invece ha tanto dimostrato di averlo con noi?

Perché ci spingiamo oltre, tirando la corda, fino a portare l’altro a pentirsi di essere stato comprensivo e accondiscendente?

Cosa ci rende tanto convinti di non dover fare niente per fargli capire che ci teniamo alla sua presenza accanto a noi, cercando di smussare quegli angoli troppo spigolosi prima che l’altro arrivi a doverci chiedere di farlo?

Negli anni le abitudini si radicano, le attitudini sviluppate durante i periodi di solitudine divengono quasi un vestito che ci calza a pennello e al quale diventa difficile fare qualche ritocco per far sì che la nostra vita possa incastrarsi con quella di un altro che ci piace, che ci accetta per come siamo e che, tutto sommato non è poi tanto esigente nelle sue richieste, un po’ perché per attitudine ama prendere il pacchetto completo di chi entra nella sua vita, un po’ forse perché in molte cose ci comprende, notando delle similitudini o forti compatibilità con il suo modo di essere. Però è anche vero che ha una sua sensibilità, delle sue importanti esigenze che forse non ci esprime perché desidera che arrivino spontaneamente, e che a volte i nostri comportamenti eccessivamente orientati a noi stessi potrebbero ferirlo molto più di quanto possiamo prevedere o immaginare.

La cosa poi diviene ancora più grave se cerca di farcelo capire, con quel suo modo amorevole e accondiscendente, o a volte più forte e deciso, e noi continuiamo comunque a ignorare la sua voce come se fossimo certi che tanto da noi accetterà tutto, che ci perdonerà e troverà il modo di comprendere, perché così ci ha abituati. Ma arriverà un giorno in cui non sarà più così, perché non è giusto pretendere che accetti anche ciò che noi per primi non accetteremmo da lui, né da nessun altro, e quel giorno ci dirà che non è sufficiente stare con noi nel bene e nel male, quando il male diventa talmente pesante da tollerare da mettere in ombra il bene che sa vedere e ciò che prendiamo è molto sbilanciato rispetto a quanto diamo.

E così la persona che mai avremmo immaginato si sarebbe allontanata lo farà, lasciandoci basiti e pentiti per non aver ascoltato la sua voce, per non aver compreso che la nostra libertà di essere noi non poteva non considerare il suo piacere di restarci accanto, che non si può pretendere di non fare mai un passo verso l’altro. E così ci ritroviamo da soli a considerare che quando abbiamo la fortuna di incontrare qualcuno che resta con noi, nel bene e nel male, non dovremmo mai tirare la corda fino a farlo pentire di averci scelti.

 

Marta Lock