Non abbiam bisogno di parole

È molto meglio chi ci osserva in silenzio cercando di comprenderci… piuttosto che qualcuno che ci riempie di parole… per convincerci a comprendere ciò che di lui potremo credere solo osservandolo…

Quando il nostro percorso interiore evolve e comincia a staccarsi dall’impulsività e dall’immediatezza della fase giovanile, sentiamo l’esigenza non solo di effettuare un percorso di conoscenza e di approfondimento di noi stessi ma anche di accogliere relazioni e rapporti basati su un dialogo il cui obiettivo è quello di scoprire e scoprirsi all’interno di un cammino a due ben diverso da quello in solitaria che a fasi alterne ci troviamo ad affrontare. Assecondando questa naturale inclinazione a scavare più a fondo nell’indole delle persone con cui ci confrontiamo, può esserci capitato di trovarci a prediligere individui chiari, espliciti nel modo di fare e aperti nel comunicare le proprie emozioni. Inizialmente questo approccio ci ha permesso di sentirci sereni nel consolidare una conoscenza, in fondo tutto ciò che avevamo bisogno di sapere era lì, limpido ed evidente, davanti ai nostri occhi. Non solo, nei momenti in cui sorgevano in noi dei dubbi, delle perplessità legati ad alcuni comportamenti o semplicemente solo a nostre piccole fasi di insicurezza, di quelle che attraversano anche la mente e l’anima dei più forti, l’altro si è prodigato per rassicurarci e calmare un’agitazione interiore che forse scaturiva da un intuito più forte della razionalità.

Intravedeva, la nostra intuizione, dei piccoli dettagli contrastanti con le parole oppure comportamenti volti a convincerci quando dubitavamo ma che non percepivamo come sinceri e trasparenti, avevamo il sottile sentore che tutta quella estroversa comunicatività celasse caratteristiche sotterranee e intenzioni diverse da quelle affermate che non ci permettevano di abbandonarci all’altro, di fidarci completamente. Pian piano le evidenze dei fatti sono emerse in modo più chiaro, i veli sono caduti così come la maschera della perfezione dietro cui quella persona aveva preferito nascondersi anziché rivelarsi a noi con la stessa spontaneità e sincerità con la quale ci eravamo posti noi e tutta quell’armatura lucente, quelle promesse di essere lì per noi e di essere tutto ciò che avevamo sempre desiderato, sono improvvisamente crollate sotto il peso di una personalità diversa da quella fino a poco prima dimostrata e fortemente asserita.

Perché le persone sono convinte di dover dare il meglio, nascondendo la loro vera essenza, per conquistarci?

Come mai non comprendono che prima o poi ciò che sono uscirà fuori smentendo le loro parole e deludendo chi aveva creduto nelle loro convinte affermazioni e nella loro trasparenza?

In un rapporto adulto, è davvero necessario fingere anziché lasciarsi scoprire davvero dando così la possibilità all’altro di fare una scelta più consapevole?

Al termine di questo tipo di rapporti non possiamo che trovarci a valutare quanto sia stato inutile credere a un’apertura e a una comunicatività poco realistiche, e a quanto invece sia preferibile constatare i fatti, osservare quelle persone che restano in silenzio e ci osservano nell’ombra per capire la nostra essenza. Quegli individui che non amano scoprirsi e che preferiscono restare in silenzio piuttosto che dire ciò che non pensano davvero, che trattengono le emozioni finché non riusciranno più a fare a meno di farle erompere con un’intensità inaspettata persino a loro stessi. E noi allo stesso tempo abbiamo l’opportunità di osservare a nostra volta l’altro attraverso i gesti, le azioni e le non azioni che compie, capirne i perché e attendere che tutto si consolidi a un ritmo decisamente più lento di tutti i precedenti che di fatto non hanno avuto un epilogo coerente con l’entusiasmo degli inizi. Così avendo compreso, proprio in virtù del passato recente, l’importanza del manifestare ma al tempo stesso anche del moderarci per non dare l’impressione di appartenere all’altra categoria, quella di chi è troppo aperto e comunicativo per essere credibile, sapremo dosare le nostre sensazioni e lasciarle fuoriuscire a piccole gocce, affinché si consolidino e si fortifichino dentro di noi e arrivino dirette e limpide all’altro che avrà già capito, osservandoci a lungo, chi siamo davvero.

E quando si sentirà pronto, a sua volta, saprà dirci ciò che ha trattenuto e, nel momento in cui avrà il bisogno impellente di manifestarcelo, sarà capace di toglierci il fiato.

 

 

Marta Lock