Cercare di imporre il proprio punto di vista sull’altro… è il modo peggiore di esprimere un’opinione… eppure molti continuano a farlo…
Nel dialogo contemporaneo si è sviluppata la singolare convinzione che le due, o più parti coinvolte debbano necessariamente dimostrare che la loro tesi, la loro teoria, il loro punto di vista sia quello più giusto, quello vero. Questa tendenza genera inevitabilmente lo scontro teso a vincere sul torto o sulla ragione, trasformando quello che dovrebbe essere un tranquillo scambio di opinioni e di idee in un braccio di ferro senza fine che innervosisce e lascia sfiancati i contendenti. Anzi, a volte la rocambolesca ostinazione che porta le due controparti a voler prevalere sull’opinione dell’altro, diventa talmente preponderante da annebbiare la lucidità mentale fondamentale a non degenerare e a non trasformare il confronto, per quanto animato, in accesa lite.
Perché sembra essere tanto fondamentale stabilire chi ha torto e chi ha ragione?
Come mai non siamo più capaci di rispettare il punto di vista dell’altro non come contrapposto al nostro bensì semplicemente diverso e come tale rispettabile?
Da quando abbiamo stabilito che la nostra opinione sia quella universalmente giusta al punto di volerla imporla su altre persone?
In quale momento ci siamo convinti che tutto ciò che è relativo e sfaccettato, deve diventare assoluto e fisso?
La libertà personale di avere un proprio modo di vedere le cose sta alla base del rispetto reciproco, soprattutto perché se lo vogliamo per noi non possiamo pensare di non lasciarlo a chi ci sta di fronte, anche se la sua prospettiva di ragionamento è assolutamente opposta alla nostra, anche se la direzione che prende la sua visione della realtà sembra appartenere a un universo parallelo ma lontano dal nostro. E nella stessa maniera in cui noi desideriamo mantenere saldi i principi e le opinioni che ci appartengono, dobbiamo renderci conto che altrettanto dobbiamo fare con quelli degli altri, perché diversamente decadrebbe il senso della singolarità dell’essere umano, della teoria della relatività, del conosci te stesso e di tutto ciò che la filosofia e la scienza hanno affermato e confermato nel corso dei secoli. Tornando al presente e alla praticità della vita, non può essere tanto incomprensibile una reazione differente rispetto a quella che avremmo noi, non può essere così impensabile che qualcuno ritenga trascurabili dettagli che per noi invece sono fondamentali… e non può essere inaccettabile che proprio qualcosa che per noi è un piccolo insignificante particolare, per l’altro sia invece di primaria importanza.
Stabilita e metabolizzata la diversità che caratterizza l’unicità dell’essere umano, la sua personale opinione, la sua libertà di essere se stesso tanto quanto noi vogliamo sentirci liberi di essere noi stessi, comprendiamo quanto sia stato inutile in precedenza addentrarci in discussioni senza fine volte a stabilire quale piatto della bilancia pendesse più verso una verità assoluta che in realtà non esiste. Comprendiamo che il fatto di poter liberamente esprimere il nostro punto di vista anche su questioni che non riguardano direttamente noi, e spesso richieste dalla persona con cui stiamo dialogando, non significa indurre l’altro a guardare la realtà con i nostri occhi, bensì semplicemente esprimere il nostro pensiero senza dover convincere nessuno, né modificarne l’opinione.
Il dialogo apre splendide opportunità di confronto, di arricchimento del proprio essere e della consapevolezza che esiste un modo di guardare differente, una maniera di percepire che, senza il misurarci con un altro probabilmente non riusciremmo neanche a concepire, ma che non necessariamente deve trasformare il nostro, a meno che non siamo noi, senza forzature e senza prevaricazioni, a valutare serenamente che potrebbe anche essere affine alla nostra personalità e per questo farla nostra.
Marta Lock