Ciò che a volte ci fa scappare…non è l’insicurezza degli altri…ciò che ci induce a scappare spesso è l’insicurezza…che gli altri provocano in noi…
A volte, chissà per quali inspiegabili motivi o meccanismi inconsci ai quali è difficile dare un senso, lasciamo che qualcuno entri nel nostro destino pur non sentendo quella sensazione di serenità che ci permetterebbe di essere perfettamente a nostro agio. Questo in alcuni casi succede perché il nostro cammino attraverso la vita non ci ha ancora condotti verso un equilibrio che ci renda consapevoli di chi siamo o di chi non vogliamo essere, figurarsi poi sapere come dovrebbe farci sentire qualcuno che cammina al nostro fianco per fornirci la serenità e la completezza di cui abbiamo inconsapevolmente bisogno.
In altri casi invece può dipendere da quel leggero campanello d’allarme che il nostro istinto fa suonare ma che noi volontariamente e ostinatamente ignoriamo; quel segnale d’allerta viene provocato dalla consapevolezza inconscia che la lieve inquietudine che sentiamo quando ci troviamo di fronte all’altro può diventare uno stato di insicurezza che caratterizzerà il proseguire del rapporto. Potrebbe essere che in qualche modo il suo atteggiamento ci faccia sentire inferiori, pur non partendo con quell’intenzione, oppure a causa di alcune frasi buttate lì per caso o ancora per qualche reazione ineducata o inaspettata a frasi dette o cose fatte che non avrebbero mai dovuto provocare, secondo i nostri parametri, chiusure o silenzi.
Sta di fatto che quel suo modo di essere quasi superiore ci fa sentire in posizione di sudditanza o di inferiorità che, non solo non ci fa sentire bene nei momenti in cui viene attuato ma neanche ci rende felici in quelli in cui non lo stiamo subendo. Eppure non riusciamo a staccarci da una situazione poco chiara, nebulosa, che non fa altro che accrescere le nostre insicurezze e più tentiamo di parlare e portare alla luce quel nostro disagio, più l’altro si nasconde risucchiandoci in un circolo vizioso dal quale sembra impossibile uscire, dandoci a volte l’impressione che in qualche modo senta il sottilmente sadico piacere di averci in pugno alimentando i nostri dubbi, su noi stessi o sul rapporto.
Cos’è che ci tiene legati a qualcuno che con il suo atteggiamento ci fa quasi sentire inadeguati?
Per quale motivo accettiamo di vivere nell’incertezza del non sapere come verranno accolti i nostri gesti o le nostre parole?
Perché mettiamo a volte nelle mani dell’altro il timone dandogli il potere decisionale di stabilire il vivere o il morire del rapporto e sentendocene assolutamente soggiogati?
In quale momento scegliamo di dimenticare noi, chi siamo e come siamo arrivati fin lì, per dare la precedenza a chi è l’altro lasciandoci condurre esattamente dove vuole?
Contestualmente al sorgere di queste e tante altre domande, ci rendiamo conto di non essere felici anzi, ci sentiamo in balìa di qualcosa che dovrebbe invece farci sentire protetti, qualcosa che non dovrebbe portarci a difenderci bensì dovrebbe aiutarci a proteggerci dal mondo esterno, ciò che non dovrebbe essere un attacco bensì una difesa e coccolare e carezzare le nostre debolezze anziché colpirle per tenerci in pugno e avere il comando emotivo della situazione. Dunque arriva il momento in cui scegliamo di rompere quell’equilibrio disequilibrato che ci rende insicuri, chiedendo all’altro delle conferme che in un primo momento sembrano indignarlo perché privato dello scettro del comando, o del timone della relazione, poi lo allontanano per l’incapacità di gestire un qualcosa che tende a sfuggirgli o a metterlo davanti alle proprie mancanze e infine lo fanno rinchiudere in un ostinato quanto poco intelligente silenzio, credendo che sarà più facile fingere che non sia importante rispondere piuttosto che mettersi in discussione e guardarsi davvero dentro, fino in fondo.
A quel punto noi, che avremo avuto il coraggio e la forza di decidere che tra l’insicurezza di non sapere chi siamo e la certezza di essere consapevoli di chi siamo stati e di chi vogliamo diventare, coscienti del cammino intrapreso che ci ha resi solidi e sicuri di noi, scegliamo di non permettere a nessuno di metterci in discussione solo per un gioco di potere sciocco quando inutile, certi che l’amore, il sentimento, l’emozione, non dovrebbero costituire un braccio di ferro bensì un piacevole abbandonarsi e lasciarsi cullare.
A quel punto l’altro, rinchiuso nel suo ostinato silenzio, si vedrà togliere, suo malgrado, lo scettro del potere e potrà solo guardarci mentre scappiamo senza più voltarci indietro.
Marta Lock