Solchi di memoria

A volte il ricordare… ci riporta alla memoria il perché… avevamo voluto dimenticare…

Quando il nostro equilibrio cresce e diamo molta più importanza al sentirci bene interiormente che non ad avere, o trattenere, qualcuno che non ci rendeva più felici, sappiamo che le rinunce compiute, le decisioni prese, erano orientate a intraprendere una strada diversa, un cammino grazie al quale ci saremmo sentiti più a nostro agio, più noi stessi. Capita che nella dinamica di alcune relazioni si crei uno squilibrio tra le due parti, non tanto perché la bilancia del dare e dell’avere debba necessariamente essere alla pari altrimenti è giusto chiudere il rapporto, quanto perché uno dei due si sente, senza necessariamente esserlo, la parte più debole. In questi casi, che a periodi alterni possono far parte della vita relazionale di ognuno di noi, la dissonanza si crea tra chi può liberamente esprimere la propria essenza, il proprio modo di essere, senza paura di veder diminuire il sentimento dell’altro, e l’altro che ritiene di dover mettere a tacere la propria voce per compiacere il partner e far sì che la relazione prosegua.

E’ però altrettanto vero che nessuno può essere in grado di rinunciare troppo a lungo a essere pienamente se stesso, e tra l’altro non dovrebbe neanche farlo, e che quindi arriva un momento, un punto di rottura, in cui l’amore per se stessi vince su quello per l’altro, in cui desideriamo di riprendere in mano la nostra essenza, la nostra personalità e scegliere una strada nuova, quella in cui non sentiamo di dover fingere di essere diversi per sentirci amati, o per far sì che qualcuno resti con noi. Tentiamo di portare alla luce il nostro disagio con il partner ma improvvisamente, quasi si veda inspiegabilmente togliere lo scettro della gestione della relazione, l’altro sembra ignorare la nostra voce. Spieghiamo, sottolineiamo, cerchiamo il dialogo ancora e ancora ma abbiamo la spiacevole sensazione di trovarci davanti a un muro di gomma, un muro che per primi abbiamo contribuito noi a erigere, accettando un rapporto sbilanciato.

Dunque prendiamo la nostra decisione, facciamo la nostra scelta che l’altro può solo accettare. Incredulo, destabilizzato, forse convinto in cuor suo che prima o poi torneremo sui nostri passi, accetta. Ma noi non torniamo indietro anzi, più il tempo passa più riprendiamo in mano la nostra individualità, accettiamo le nostre caratteristiche che avevamo pensato di dover nascondere, procediamo nella vita a passi via via più sicuri e decisi.

Perché dunque, nonostante il nostro sentirci tanto bene, il pensiero periodicamente torna a quella persona?

Come mai da un lato sentiamo nostalgia ma dall’altro il solo immaginare di tornare indietro genera in noi un grande ed enorme no?

Per quale motivo, in alcuni momenti di debolezza emotiva, la nostra anima sembra volerci riportare alla memoria ciò che avevamo voluto dimenticare?

Nelle fasi di solitudine è normale avvertire in modo più acuto il vuoto emotivo, che in alcuni casi riusciamo a vedere come una risorsa, tanto tempo da riempire con ciò che amiamo più fare, ma in altri invece ci sembra rimbombarci nella testa e nel cuore. In quelle fasi ricordiamo l’ultima persona che, in un modo o nell’altro, ha riempito per ultima quella solitudine; poi però non possiamo far a meno di veder affiorare tutto il dopo, il senso di disagio interiore, l’insoddisfazione che sentivamo quando eravamo in bilico tra il restare e l’andare, la rabbia generata dal renderci conto che i nostri tentativi di mediazione si dissolvevano nel vuoto dall’altra parte, la frustrazione di dover mettere la parola fine su una relazione che avrebbe potuto riprendersi se solo l’altro avesse dimostrato un po’ più di umiltà, di capacità di autoanalisi, di volontà nel superare insieme quel momento.

Ma tutti questi se sono stati la causa del nostro distacco, ne siamo ormai pienamente consapevoli, e abbiamo chiuso la nostra porta; quando ci eravamo trovati davanti alla bilancia del rimanere all’interno di un rapporto di coppia che non ci soddisfaceva accanto a qualcuno che riteneva fosse logico essere assecondato sulla gestione della relazione, o dell’essere invece quelli che siamo, liberi dal ricatto morale di dover rinunciare a una parte di noi per sentirci amati, felici del nostro equilibrio e delle persone che siamo diventati, abbiamo scelto noi.

Ora dunque, davanti a quel fugace ma illusorio tuffo nella nostalgia per ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato, ricordiamo tutti i motivi per cui avevamo deciso di dimenticare.

 

Marta Lock