Il giorno in cui la nostra vera essenza… si sentirà libera di uscire alla luce… sarà lo stesso in cui scopriremo perché prima… aveva voluto restare nell’ombra…
Nel corso delle vicissitudini in cui ci imbattiamo, quelle che da un lato ci permettono di crescere, conoscerci, maturare, ma dall’altro ci costringono a modificare alcune parti di noi e a innalzare barriere a difesa della nostra fragilità interiore, vorremmo a volte avere quella rara capacità di capire subito con chi abbiamo a che fare, che tipo di persona ci troviamo davanti. Tuttavia questo non è possibile, soprattutto nel momento in cui siamo emotivamente coinvolti al punto di perdere quel minimo di razionalità che ci sostiene e che abbiamo costruito grazie alle esperienze passate. Dunque impariamo a costruire una maschera dietro la quale diventa necessario celare il lato morbido, quello che sarebbe più esposto, più facilmente a rischio di ferite, qualora lo manifestassimo apertamente a chiunque abbia a che fare con noi.
Man mano che andiamo avanti nel nostro percorso di vita, ci sembra quasi di dimenticare la spontaneità, la freschezza nel manifestare le emozioni, i sentimenti, le sensazioni e impariamo a mettere in ombra quell’essenza che più di una volta non era stata capita, altre addirittura rifiutata quando avevamo provato a lasciarla uscire fuori, ottenendo di fatto una determinazione maggiore nel volerla relegare in un angolino remoto dal quale pensiamo sia meglio non farla mai uscire. E poi in fondo, quando siamo più adulti è giusto avere un maggiore autocontrollo, è corretto verso noi stessi non lasciar trapelare in modo travolgente le nostre emozioni, è segno di equilibrio non dimostrare quegli eccessi sentimentali che appartengono a un’altra età e a un altro tempo.
È davvero giusto ciò che ci raccontiamo?
Perché ci lasciamo convincere dagli eventi che sia meglio rinunciare a una parte di noi, quella che in fondo sappiamo ci farebbe sentire davvero liberi se la lasciassimo uscire alla luce?
Come mai ci spaventiamo tanto per qualcosa che è successo in passato, al punto di credere che continuerà a verificarsi in ogni episodio del presente?
Indubbiamente ciò che è stato entra a far parte della nostra evoluzione e della nostra personalità del presente, ma non dovrebbe mai farci escludere un lato di noi che altrimenti risulterebbe mancante a farci sentire completi. Perché in fondo quell’aspetto a cui abbiamo nostro malgrado dovuto rinunciare, per proteggerlo dal mondo, fa indissolubilmente parte di noi, del nostro modo di essere, e solo manifestandolo possiamo sentirci davvero liberi di essere noi. Eppure non riusciamo a raggiungere quell’equilibrio che ci permetterebbe di riportarlo alla luce senza sentirci in pericolo, senza dubitare che quella parte fragile possa essere di nuovo ferita, o rifiutata, oppure disillusa.
Perciò proseguiamo nel nostro cammino, inciampando e cadendo, ma senza esporre l’essenza più vera, più profonda, perché, ci diciamo, non ricordiamo più in quale angolo l’abbiamo nascosta e, tutto sommato, è meglio così. Rischiamo meno. Poi un giorno incrociamo uno sguardo che ci riporta indietro nel tempo, a quei primi passi emotivi sui quali ci muovevamo con l’agilità e l’incoscienza di chi non ha subìto ferite, di chi ha ancora tutta la spontaneità nel manifestare un’interiorità libera, non spaventata da ciò che sarebbe venuto dopo. In quello sguardo ci perdiamo ma non possiamo fare a meno di difenderci, di mantenere nell’ombra quella parte essenziale di noi che abbiamo troppo timore di far uscire… malgrado la nostra difesa però, lei vuole emergere alla luce.
Sente di poterlo fare perché in quello sguardo ha letto il desiderio di essere vista, la libertà di poter parlare senza rischio di non essere ascoltata, la voglia di essere scoperta perché è proprio quella parte che gli occhi che l’hanno guardata, hanno visto. Ed è quello il momento in cui scopriremo che la nostra vera essenza aspettava solo di avere davanti quell’unico fra tanti in grado di farla sentire libera, senza difese, senza ali, senza rete.
Libera di riemergere alla luce, finalmente.
Marta Lock