Se non ascolteremo mai la nostra voce interiore… non potremo mai scoprire quale segreto di noi… sta tentando di rivelarci…
Nell’andirivieni complesso del vivere contemporaneo sembriamo dover correre dietro alle urgenze che la società e il nostro desiderio di raggiungere velocemente gli obiettivi che ci siamo prefissati ci impongono, quasi come se quella velocità di realizzazione e di ottenimento fosse lo scopo primario della stessa esistenza. Va da sé che fermarsi periodicamente a fare il punto della situazione ci appaia quasi come una perdita di tempo, un’interruzione di quel rapido cammino verso la meta finale. Questo tipo di approccio non si limita alle vicende pratiche o professionali bensì si estende anche a quelle personali, emotive, poiché non riusciamo a non farci dettare i ritmi da ciò che è giusto, da ciò che gli altri pensano sia il momento di fare, da ciò che in fondo si allinea alla fretta con cui siamo abituati a procedere senza star troppo a pensarci su, perché l’azione è ciò che conta.
È questa la nostra convinzione?
Siamo davvero certi che non sia importante prenderci una pausa per domandarci se ciò verso cui stiamo correndo sia quanto realmente vogliamo?
Perché abbiamo deciso di ascoltare le voci che ci circondano, spesso per il nostro bene certo, ma che ci impediscono di valutare se ciò che suggeriscono è davvero affine alla nostra personalità, alla nostra interiorità e alla nostra essenza?
Molto spesso risulta più complesso e difficile mettersi in posizione di attesa e di approfondimento di un flusso di pensiero ed energetico che sentiamo timidamente affiorare dentro di noi perché questo comporterebbe l’impegno di fermarci, di mettere in discussione tutto un percorso di cui sarebbe troppo faticoso dubitare; in fondo i passi mossi fino a quel momento ci erano sembrati giusti, i migliori per procedere spediti verso ciò che era giusto fare, sia per la sfera pratica che per quella personale, e quanto abbiamo ottenuto ci soddisfa, rientra in quel percorso che appartiene alla vita di ciascuno, pertanto anche noi ci siamo adeguati. Eppure sentiamo un latente disagio derivante dall’inconsapevole sensazione di esserci lasciati trasportare da una corrente che non era la nostra, abbiamo assecondato un flusso che abbiamo interpretato come un percorso naturale dimenticando che non esistono regole valide per tutti, gli eventi e le scelte non possono essere determinati o assecondabili a ciò che gli altri si aspettano da noi.
In quel momento di risveglio della nostra interiorità non possiamo più evitare di fare quella pausa troppo a lungo ignorata o volutamente rimandata come se non fosse importante, perché la voce sottile che ci aveva fatto sentire l’iniziale disagio ha alzato il volume e ci sta chiedendo in maniera via via più incalzante di isolarci da tutto il vocio che ci circonda, di chiudere la porta a tutte le persone che per il nostro bene ci hanno consigliato il meglio per sé trascurando l’evidenza che avrebbe potuto non essere il meglio per noi, e cominciare a riflettere su noi stessi. La fase di ascolto richiede una profonda introspezione una connessione con una parte di noi, la nostra vera essenza, quella che aveva taciuto osservando il nostro cammino e che ha deciso di prendere una posizione più determinata poiché ha capito che ci stavamo allontanando da lei, confusi dal rumore esterno che ci impediva di ascoltare e assecondare il suo battito vitale ma sommesso.
Quella voce è l’unica in grado di condurci a scoprire tutto ciò che non può essere consigliato, guidato o suggerito dall’esterno, poiché la nostra individualità è unica, differente da quella di chiunque altro, e come tale va lasciata emergere, va valorizzata sulla base delle nostre caratteristiche, dei nostri desideri anche se sono divergenti da ciò che gli altri ritengono sia giusto fare. Da quel punto in avanti saremo in grado di conoscere noi stessi in maniera più completa, di andare contro corrente se ci rende felici e di ascoltare solo il ritmo del nostro battito interiore.
Perché noi siamo quelli che siamo e non quello che chi ci circonda vorrebbe che fossimo.
Marta Lock