Tra me e il mare

E alla fine arriva il momento in cui… tutto ciò che desideriamo è sederci sulla riva… e aspettare quell’onda che lentamente ma costantemente… ci condurrà verso il mare…

Quante volte ci siamo domandati cosa vogliamo davvero?

In quante occasioni dopo aver lottato, cercato, puntato un obiettivo specifico ci siamo poi ritrovati a dubitare che fosse davvero ciò di cui avevamo bisogno?

Perché abbiamo sentito forte la necessità di continuare a cercare, incessantemente, ciò che comunque sembrava continuare a sfuggirci?

Non è vero dunque che bisogna lavorare duro per ottenere un risultato? Se sì, perché sentiamo di non aver raggiunto il traguardo più importante, quello che ci farebbe sentire appagati e felici?

Perché la felicità sembra volerci sfuggire?

Ognuno di noi deve compiere un proprio personale percorso per capire ciò che desidera realmente, a volte deve combattere duramente non tanto per conseguire quel particolare obiettivo che poi spesso, una volta raggiunto, diviene un punto da cui ripartire, tanto perché la lotta è il mezzo necessario per comprendere in quale direzione vogliamo davvero andare. In altri casi ci siamo invece trovati a sbattere ostinatamente la testa contro un ostacolo senza trovare il giusto accesso per poterlo superare, dovendo così fare i conti con la frustrazione della sconfitta, del doversi arrendere, del dover accettare il proprio limite. Questo si è verificato sia con i risultati di tipo pratico sia nelle situazioni sentimentali, nelle quali, pur avendo combattuto con le unghie e con i denti non siamo riusciti a trattenere, o a conquistare completamente, il cuore della persona alla quale tanto tenevamo.

Eppure abbiamo fatto di tutto per capire, metterci nei panni dell’altro, essere disponibili al dialogo, dimostrare a parole e con i fatti quanto era importante per noi… ma comunque è scivolato via come sabbia tra le mani, lasciandoci solo con la certezza di aver fatto tutto quanto fosse in nostro potere per trattenerlo, certezza grazie alla quale sappiamo di non avere rimpianti. Perché se abbiamo tanto lottato è stato perché sentivamo che qualcosa c’era, che valeva la pena, che i nostri sforzi non andavano sprecati perché credevamo in un rapporto, in un progetto, in un futuro.

Nonostante tutto dobbiamo però allontanarci da quanto accaduto, il nostro cuore si distacca da quella persona che non siamo riusciti a tenere legata a noi, prendiamo le distanze e cominciamo a guardarci dentro, a domandarci perché abbiamo ritenuto di dover essere gli unici a lottare, perché abbiamo lasciato che la nostra determinazione mettesse in secondo piano l’esigenza di reciprocità, di chiederci quanto effettivamente l’altro abbia desiderato quel rapporto e quanto invece abbia solo lasciato che noi facessimo tutto per appagare il proprio ego, per sentirsi importante.

Così ci guardiamo allo specchio e decidiamo di fermarci, di sederci, prendendo atto della nostra forza ma anche della debolezza di desiderare a nostra volta di vedere altrettanti sforzi per conquistare il nostro di cuore. Sappiamo che quel duro cammino è stato fondamentale a farci capire che le cose non dovrebbero mai essere unilaterali, che se non c’è reciprocità è impossibile portare avanti un progetto comune, che nessuno deve trascinare nessuno bensì ci si deve prendere per mano e camminare sullo stesso filo, con lo stesso passo, allo stesso ritmo. Così dopo esserci persi nell’oceano dell’insicurezza e aver cercato la riva con ogni mezzo possibile, nuotando contro una corrente che nei nostri sogni avrebbe dovuto essere solo un mare calmo, decidiamo di essere stanchi e di voler fare una pausa, di fermarci sul bagnasciuga e riposarci.

E proprio lì, su quel bagnasciuga rassicurante, su quella riva sicura, una piccola onda inizierà a bagnarci i piedi, quasi a voler chiedere il permesso, e poi, vedendo che non ci spostiamo, continuerà il suo moto dolce ma costante che lentamente ci farà tornare il desiderio di rientrare nel mare. Un mare che non ci chiederà più di combattere controcorrente, un mare sereno che ci accoglierà insieme a quell’onda che ci prenderà la mano chiedendoci di camminare a filo d’acqua per poi immergerci nelle profondità che non ci faranno più paura.

Quell’onda che continuerà a tenerci con sé, attraverso il suo moto costante, facendoci navigare nelle acque calme che, grazie a lei, non ci spingeranno più verso la riva solitaria.

 

Marta Lock