Un attimo ancora

Il tempo necessario agli altri per decidere cosa fare…potrebbe essere sufficiente a noi per comprendere…di non voler essere una delle opzioni…

Molto spesso le persone si incontrano, decidono di iniziare insieme un percorso e, a differenza delle innumerevoli volte precedenti durante le quali si erano dovute arrendere all’evidenza che i tempi non erano giusti o che le due parti correvano a velocità completamente diverse l’uno dall’atra, si rendono conto di avere di fronte qualcuno con cui non è necessario spiegare a quale velocità si desidera procedere né chiedergli di rallentare perché, senza bisogno di parole, il ritmo è spontaneamente identico e procede serenamente all’unisono. Quando diventiamo noi i protagonisti di questo tipo di incontri ci tuffiamo, galleggiando, nella sensazione unica che ci dona quel nuovo emozionante cammino di non rendere necessario tenere a bada la nostra vera natura perché percepiamo con chiarezza di essere apprezzati esattamente come siamo, tanto quanto noi apprezziamo l’altro.

Il percorso non è mai stato così facile, la sensazione di completezza che ci permette di provare è quanto di più appagante abbiamo mai vissuto in precedenza e l’intesa talmente perfetta da non vedere nubi all’orizzonte, nessun motivo di scontro, nessun momento di incertezza, nessun dubbio a far vacillare la nostra fiducia né quella dell’altro. Ci sentiamo talmente a nostro agio nell’esprimere la vera essenza che avevamo sempre celato in passato da convincerci che quel bellissimo cammino sarà lungo e rassicurante, forse l’unico a poter avere un tempo indeterminato, non perché lo stiamo decidendo quanto perché non riusciamo a vederci accanto a nessun altro, tanto ci sentiamo liberi di essere finalmente noi.

Poi di colpo, senza un motivo apparente, senza una frase scatenante, senza nessun tipo di contrasto, l’altro compie un passo indietro che ci lascia attoniti quanto disorientati, soprattutto perché siamo consapevoli di non aver mosso nessun accelerato passo in avanti che possa aver provocato la sua spaventata reazione.

Perché improvvisamente ci troviamo davanti alla fuga di chi non aveva mai dimostrato di essere il tipo di persona che si spaventa?

E’ stato qualcosa che abbiamo detto o fatto noi a scatenare la sua reazione oppure qualcosa che ha sentito dentro di sé e che non era pronta ad accogliere?

Per quale motivo sceglie la ritirata e il silenzio piuttosto che una spontaneità che porterebbe con estrema facilità a chiarire l’equivoco che potrebbe essersi generato?

Come ha fatto in un solo attimo ad accantonare tutte le infinte emozioni, i sentimenti condivisi e i piccoli progetti lasciati crescere giorno dopo giorno a ritmo lento e naturale?

I giorni passano e il suo silenzio diventa sempre più assordante e contrastante perché da un lato ci sforziamo di comprendere la sua necessità di riflettere, sebbene non riusciamo a indovinare su cosa abbia tanto bisogno di pensare, dall’altro invece ci siamo noi con la nostra emotività ferita da un qualcosa di tanto improvviso e ingiustificato da averci provocato la stessa sensazione di una doccia gelata. Ecco in questo forse si rivela nella sua interezza la differenza di tempistica perché laddove l’altro probabilmente ha bisogno di isolarsi per comprendersi e comprendere noi, per decidere di accogliere definitivamente nella sua vita un qualcosa che non aveva assolutamente previsto di incontrare e per organizzare mentalmente la sua esistenza facendo spazio anche a un rapporto imprevisto quanto intenso, noi ci sentiamo delusi e offesi da un silenzio che non ha motivo di essere e quella fiducia nell’altro che tanto ci era sembrata incrollabile vacilla pericolosamente non perché ci faccia sospettare l’esistenza di un improbabile rivale, quanto perché ci domandiamo quante altre volte in futuro potrà tornare a fare quell’imprevisto passo indietro che ci ha completamente disorientati e feriti.

Perché auto-tutelarci diventa fondamentale… perché la coerenza e le certezze sono ciò di cui abbiamo assolutamente bisogno e perché il dialogo è ciò che abbiamo scelto e non potremmo mai tornare indietro e accettare il silenzio.
E, forse, potremmo trovarci a scoprire che durante quel lungo attimo in cui l’altro ha avuto bisogno di valutare, soppesare e decidere che potremmo essere noi l’opzione che preferisce, noi abbiamo deciso, non per ripicca o per dispetto bensì semplicemente per la sensazione di instabilità e inaffidabilità che ci ha provocato quel suo passo indietro, che non ce la sentiamo di essere ancora una delle sue opzioni.

 
Perché quell’attimo necessario a lui è stato sufficiente per noi.

 

Marta Lock