Verità o menzogna?

Esistono molte persone che parlano… alcune che ascoltano… e poche che credono… e poi ci sono quelle che agiscono…

Quante volte ci è capitato di trovarci di fronte a un interlocutore estremamente convincente, nel modo di parlare e di esprimere concetti anche profondi, ma di avvertire quella sensazione di non riuscire a credere a ciò che stava dicendo?

 

Per quale motivo le esperienze del passato ci inducono ad alzare le barriere difensive talmente alte da indurci a passare al setaccio ogni frase, rendendoci completamente diffidenti nel presente?

 

E’ forse la consapevolezza di essere caduti nella rete della menzogna nelle esperienze precedenti a costituire un incontrollabile campanello d’allarme nelle interrelazioni attuali?

 

E ancora, fin dove la diffidenza costituisce un’ancora di salvezza senza diventare un ostacolo limitante nei nostri rapporti?

 

Il passato spesso è un’importante crescita personale, un prezioso maestro di vita che non fornisce consigli a priori, semplicemente regala episodi, che possono essere considerati più o meno piacevoli, dai quali possiamo trarre, solo a posteriori, l’insegnamento che da nessuno avremmo ascoltato se non passando in prima persona attraverso quell’esperienza. Allo stesso modo è un fondamentale specchio che riflette e mette in luce i nostri limiti tanto quanto i nostri punti di forza di cui prendiamo coscienza apprendendo così a difenderci da noi stessi, a modificarci e ad alzare le antenne quando una situazione si presenta simile a qualcuna del passato.

 

Ora, fermo restando che ogni individuo è un mondo a sé e che ognuno ha i propri lati deboli, se ci guardiamo indietro possiamo senza dubbio evidenziare che molto spesso le delusioni più cocenti si sono generate quando abbiamo creduto in qualcuno che poi si è dimostrato completamente diverso rispetto a quanto intravisto inizialmente, o nel momento in cui ci siamo resi conto che le parole estremamente convincenti usate si erano poi dissolte come neve al sole alla prima occasione. Sì perché il tradimento, che sia fisico o emotivo, ferisce più di tutto, ci rende insicuri, ci destabilizza, ci fa sentire ingenui e mette completamente in dubbio la nostra capacità di giudizio soprattutto quando sono coinvolti i sentimenti.

 

Eppure eravamo sostenitori convinti del credere nelle persone, del concedere a tutti la possibilità di mostrarsi per come sono senza alcun pregiudizio, senza alcuna barriera, senza nessuna chiusura, e di lasciare semmai a un secondo momento, qualora i fatti lo avessero dimostrato, l’opzione di non fidarci. Ma dopo le varie esperienze e la crescita effettuata gradualmente siamo rientrati nella schiera delle persone che ascoltano con attenzione prima di decidere se fidarsi o meno, atteggiamento già più circospetto se paragonato al precedente, per arrivare poi, continuando il percorso di sperimentazione e facendo tesoro dell’esperienza e del bagaglio del passato, a spostarci in maniera decisa verso il gruppo delle persone che diffidano a prescindere, che non credono più.

 

Questo è un punto tanto cruciale per la nostra maturazione quanto delicato per il nostro equilibrio, perché se da un lato è giusto alzare un velo per proteggere la fragilità interiore che ognuno di noi possiede, più o meno bravi che siamo a nasconderla, dall’altro rischiamo di vedere ogni episodio del presente come uno spettro o un’ombra del passato, di ricondurre ogni fotogramma a una scena già vissuta, impedendoci in questo modo di vivere serenamente un presente che non può che essere diverso. Certo, in alcuni casi quel tuffo nel passato ci salva, ci difende, ci tutela e ci apre gli occhi sulla prospettiva generale di ciò che ci sta accadendo, ma nell’accezione negativa e a volte ossessiva della cosa, ci rende ottusi, soffocanti, ingiustamente sospettosi.

 

Dunque come recuperare la lucidità?

 

In che modo superare l’impasse e tornare ad aprirsi all’altro semplicemente vivendo ciò che ci sta accadendo senza trasformarci in fastidiosi indagatori o scettici ascoltatori?

 

Forse l’unico modo per essere davvero sereni e ricominciare un percorso più equilibrato e consapevole è recuperare la capacità di ascoltare gli altri senza il filtro della mancanza di fiducia, dialogare ma aspettare prima di lasciarci andare, non tenendo la guardia alzata ma neanche abbassando completamente le difese; e così può succedere che ascoltando e aspettando, l’interlocutore che silenziosamente speravamo non ci deludesse, ci tolga le parole sorprendendoci con le limpide, chiare e inequivocabili azioni. Forse, giorno dopo giorno, azione dopo azione, recupereremo completamente la capacità di credere, non a tutti ma a chi vuole con tutte le forze essere creduto.

 

 
Marta Lock