A modo mio o a modo tuo?

Spesso ascoltando troppo agiamo poco… oppure agendo tanto ascoltiamo poco… e prima o poi giungiamo a comprendere che si può ascoltare e poi meditare e poi agire…

La molteplicità individuale e la naturale tendenza caratteriale ci induce, nel corso del cammino evolutivo che ciascuno di noi deve intraprendere per progredire e giungere a un equilibrio adulto, a collocarci da un lato o dall’altro di una sottile linea comportamentale che diviene guida per il nostro procedere verso la conoscenza. Esistono infatti molti individui che sviluppano l’inclinazione a credere che sia solo attraverso le esperienze e i consigli di altri che sia possibile procedere evitando quegli errori che li porterebbero a investire energie e tempo in qualcosa perso già in partenza, perché chi li sta consigliando non è riuscito a raggiungere quell’obiettivo prima di loro. Dunque ascoltando il vissuto dell’uno e poi dell’altro, tutte persone che stimiamo e di cui ci fidiamo, assumiamo un atteggiamento di immobilità, lasciando che gli eventi decidano per noi nella convinzione che quando il momento e le cose saranno giuste sapremo riconoscerle evitando così gli errori commessi da chi ci sta intorno e fortemente ci sconsiglia di procedere nel loro medesimo fallace percorso.

D’altro canto, molti altri mostrano invece l’atteggiamento opposto, quello cioè incredibilmente decisionista al punto di essere completamente sordi ai suggerimenti e alle velate indicazioni che chi sta loro accanto cerca amorevolmente di dargli, divenendo in tal modo dei veri e propri Don Chisciotte che intraprendono spesso battaglie contro i mulini a vento che, se avessero avuto la capacità di ascoltare e di valutare le parole che gli erano state dette, si sarebbero trovati a investire in modo migliore il loro spirito di iniziativa e la capacità decisionale. In questo secondo caso l’estremo è quello di spingersi costantemente all’azione lasciando troppo poco spazio alla riflessione, alla meditazione sui passi da compiere e a quell’ascolto che potrebbe indurre a valutare una visione più ampia e, sebbene non cambiando il proprio punto di vista, quanto meno essere in grado di modificare una traiettoria e giungere all’obiettivo in maniera meno diretta, meno irruenta e più efficace.

Come mai alcuni di noi sono convinti che sia meglio basarsi sulle esperienze degli altri impedendo a se stessi di effettuare quel percorso essenziale a procedere in modo autonomo, non prendendo in considerazione la possibilità che ciò che è accaduto a qualcuno può avere un epilogo molto differente per qualcun altro?

Perché, al contrario, altri sono convinti che tutto ciò che chi sta loro intorno pensa o consiglia sia da lasciare completamente inascoltato in virtù di un decisionismo a volte persino troppo ottuso, che se è vero che da un lato li fortifica e li rende capaci di accettare la sconfitta, dall’altro li induce ad andare avanti alla cieca spinti solo dal loro desiderio di farcela bastando a se stessi?

Qual è dunque l’atteggiamento più giusto da assumere? Fare tutto da soli o non muoversi senza prima aver ascoltato chiunque ci ruoti intorno?

L’equilibrio e la maturità che possiamo raggiungere con le esperienze, con gli errori commessi che nel primo caso hanno evidenziato quanto avremmo potuto ottenere se non ci fossimo lasciati immobilizzare da un eccessivo ascolto che di fatto ci ha indotti a non fare i tentativi che avrebbero potuto condurci dove ora vorremmo essere, e nel secondo invece ci hanno messi davanti a un’ostinazione che ha avuto il risultato di farci perdere tempo e occasioni preziose perché troppo concentrati a procedere sulla linea che ci eravamo imposti senza ascoltare chiunque volesse indurci a correggere il tiro, ci conducono ad assumere un atteggiamento nuovo e diverso, un modo di procedere più saggio, più riflessivo e funzionale a raggiungere gli obiettivi senza rinunciare alla nostra indole. In virtù di questo inedito approccio gli immobili saranno in grado di dare il giusto peso alle esperienze degli altri pur comprendendo che ciascun individuo è differente e ciò che non ha raggiunto od ottenuto qualcuno non è detto che non possa essere raggiunto ed ottenuto da qualcun altro con caratteristiche e atteggiamenti diversi; i decisionisti invece apprendono l’importanza di mettere in secondo piano l’irruenza e l’ostinazione per lasciare spazio alla meditazione, alla capacità di discernere tra le parole di chi vuole solo ostacolare e quelle di chi invece desidera che la meta sia raggiunta nel modo migliore.

E così quella maturità a cui tutti aspiriamo e che giunge attraverso percorsi a volte bizzarri e tortuosi, ci insegna che si può ascoltare senza lasciarsi fermare o fermarsi a riflettere quando ciò che viene detto ha un senso costruttivo e migliorativo per la nostra impulsività.

 

 

Marta Lock