A volte è sufficiente permettere all’altro… di farci guardare le cose con i suoi occhi… per scoprire che possono essere più piacevoli o semplici… di come le vedevamo noi…
Molto spesso in un rapporto a due si arriva a quel particolare momento in cui visioni differenti, se non in alcuni casi opposte, inducono le parti a irrigidirsi sulle proprie posizioni o comunque a una negazione di un possibilismo che le indurrebbe a rivedere le proprie posizioni o a tentare di uscire dalle proprie convinzioni per accettare una visuale differente. Questo succede molto più frequentemente quanto più i protagonisti del confronto hanno un carattere ben delineato e provengano da un percorso di solitudine emotiva durante il quale è stato necessario analizzarsi, darsi delle spiegazioni, comprendere cosa volevano e cosa non volevano fino al punto di dire a se stessi che avrebbero preferito proseguire da soli piuttosto che mettere in discussione le certezze acquisite. Può essere stato che le circostanze li abbiano costretti a quel lungo periodo di riflessione e raccoglimento interiore, oppure erano totalmente assorbiti dalla vita pratica al punto di preferire rapporti poco profondi in cui l’emozione non era in gioco evitando così di doversi confrontare con l’altro in modo profondo. O ancora la scelta passata in alcuni casi era stata compiuta per paura di mettersi in gioco, per cercare di dimenticare un dolore del passato, o semplicemente perché chi incontravamo non li coinvolgeva poi così da indurli a fare uno sforzo di comprensione del punto di vista dell’altro.
Poi, un giorno inaspettato, avviene l’incontro con il proprio simile, diverso eppure complementare, opposto però perfettamente attiguo alle rispettive caratteristiche, quasi come se i confini delle due personalità si incastrassero magicamente come i tasselli di un puzzle, con cui tutto ciò che si era creduto o non creduto, vissuto o lasciato passare, discusso o ignorato nelle precedenti relazioni, viene completamente rivoluzionato e sconvolto da quella nuova presenza nella vita. Inizialmente proteggere se stessi e le proprie convinzioni viene naturale e, a volte, può portare a uno scontro, generato dall’incapacità del confronto, che immobilizza le parti sulle proprie posizioni senza andare l’uno verso l’altro per cercare di vedere le cose da un’altra angolazione.
Perciò, un po’ spaventati un po’ disabituati, i protagonisti rimangono destabilizzati anche se al tempo stesso legati in modo indissolubile da quell’alchimia che, nonostante le differenze, non permette loro di allontanarsi dall’altro.
Quindi cosa fare? Come superare l’impasse?
Perché arrivati a un certo punto del nostro percorso emotivo, accettare di confrontarsi o di mettere in dubbio le certezze diventa un’opzione difficile da prendere in considerazione?
Per quale motivo ci convinciamo che guardare le cose da un’altra angolazione sia una debolezza anziché un arricchimento?
Non è forse vero che, se esiste l’incastro perfetto, dobbiamo darci l’opportunità di conoscerlo, scoprirlo e accoglierlo proprio attraverso quel confronto che tanto ci risulta difficile o addirittura ci spaventa all’inizio?
Certo, mettere in dubbio le certezze acquisite, decidere di confrontarci non solo con noi stessi ma anche con un altro, comprendere che esiste un modo di vedere diverso, attenzione non opposto bensì solo differente, ma che non per questo sia sbagliato né l’accettarlo può ridurre la nostra acquisita forza, non è cosa facile. Ma altrettanto improbabile è, dopo aver conosciuto quell’alchimia misteriosa che, pur resistendole, ci suggerisce con vocina flebile, che ci troviamo di fronte a qualcuno che può farci vedere il mondo a modo suo che, in alcuni casi, potrebbe farlo risultare più bello o più facile da vivere che secondo il nostro modo, e viceversa, che riusciamo a rinunciarvi. Così non resta, a volte con molta fatica, altre con molti scontri o fughe e ritorni da parte di entrambi, che arrendersi all’emozione e provare a osservare le cose con la stessa lente dell’altro, tanto quanto l’altro accetterà di guardarle attraverso la nostra.
E, a quel punto, potrebbe svilupparsi un’alchimia anche maggiore rispetto alla prima, quella istintiva, che permetterà di comprendere non solo alcuni perché dell’altro o di respirare le emozioni così come le vive, ma anche di scoprire che l’opposizione e resistenza iniziale era ferma solo alla superficie, solo al modo in cui si manifestavano le risposte alle sollecitazioni emotive, alle paure, alle debolezze ma che erano lì, identiche, forti, simili.
E, a quel punto, scopriamo quanto la diversità apparente fosse soltanto una complementarità non svelata o trattenuta che diviene poi, lentamente e abbattendo tutte le resistenze, lo sguardo comune di occhi che vogliono continuare a guardarsi… e che non riuscirebbero a smettere di farlo.
Marta Lock