Non esistono persone giuste o persone sbagliate… esistono solo persone i cui comportamenti e punti di vista… sono più o meno compatibili con i nostri…
Nell’affannosa e tortuosa sperimentazione all’interno della quale ci muoviamo per intrecciare rapporti affettivi che ci completino, ci scontriamo molto spesso con profonde diversità che ci allontanano dall’altro. Inizialmente, nelle fasi più giovanili, avevamo tentato comunque, a dispetto delle dissonanze, di andare avanti per costruire una relazione che necessitava di molto più impegno di quanto avremmo immaginato. Ed effettivamente è stata sempre la parola impegno a trarci in inganno, a farci deragliare da quello che l’istinto, molto più saggio di noi, ci suggeriva fin dai lievi contrasti iniziali. Perché nel luogo comune, nel generalizzato modo di pensare che arriva a noi dalle generazioni precedenti, quando la possibilità di staccarsi da una situazione di scarsa felicità e realizzazione non era concepita all’interno di un rapporto, quando la libertà personale di ricercare ciò che davvero poteva rendere le persone appagate era un concetto astratto relegato alla buona stella di qualche fortunato, in quel luogo comune dicevo, si racchiude la convinzione che sia necessario sforzarsi, sacrificarsi, per far sì che una relazione possa andare avanti.
Eppure, a un certo punto del percorso, noi che invece abbiamo avuto la fortuna di appartenere a una generazione più libera, più consapevole e più orientata a un sano individualismo che in qualche modo ci ha liberati dalle prigioni dei modelli e delle convenzioni del passato, ci rendiamo conto che stare all’interno di un rapporto dove l’incompatibilità emerge via via più chiara fino a renderci troppo intollerabile andare avanti con una persona con cui, di fatto, abbiamo pochissimi punti in comune, è un’utopia irrealizzabile. Così mettiamo fine a uno sforzo che abbiamo tutto il diritto di non voler compiere. Molto spesso a causa di questa nostra autonomia mentale, di questo scegliere di aspettare e ricercare ciò che è meglio per noi semplicemente perché non possiamo accettare compromessi che ci farebbero solo sentire in gabbia, veniamo additati come ingenui sognatori all’inseguimento di una chimera, come egocentrici ricercatori di un irreale che spesso ha come contropartita l’infelicità dell’altro, quello che vorrebbe scegliere il sacrificio, e che a causa di quel nostro individualismo ci etichetta come anaffettivi.
Perché la maggior parte delle persone sceglie di restare all’interno di una situazione che non le rende felici?
Come mai non si danno il tempo, e la possibilità, di aspettare o ricercare il frammento mancante che le completi davvero?
Qual è il meccanismo che le induce a preferire una certa insoddisfazione piuttosto che un distacco necessario ad andare verso quell’autonomia che le porterebbe a una maggiore consapevolezza e alla possibilità di trovare il tassello perfetto del proprio puzzle?
All’interno delle nostre riflessioni non possiamo non credere nella nostra scelta, che poi è anche un’irrinunciabile esigenza interiore, di confrontarci con gli altri a un livello diverso, più maturo, meno accusatorio se vogliamo, perché in fondo è proprio dalla convinzione di doversi impegnare a far andare avanti una relazione che si entra nel pesante quanto inutile tentativo di voler cambiare l’altro, di volerlo avvicinare a ciò che è meglio per noi malgrado lui non abbia le caratteristiche che cerchiamo. E non perché si ostini o non voglia darci ciò che chiediamo, bensì semplicemente perché non fa parte della sua natura, del suo modo di essere. Comprendiamo che gli altri sono semplicemente altri, diversi da noi, con punti di vista personali che provengono dal loro vissuto, dalla loro esperienza, ma anche da un carattere molteplice e sfaccettato in costante evoluzione, e nessuno può determinare cosa sia giusto o sbagliato nell’ambito di questa innegabile diversità, perché a sua volta, anche chi crede di poter giudicare, parte da un punto di vista proprio e dunque non assolutamente corretto e, soprattutto, non valido per chiunque.
Perciò il modo migliore per andare avanti nel cammino verso la felicità, che duri un attimo o tutta la vita, è quello di spingerci alla lunga ricerca del frammento mancante, di quella persona che guarda le cose dal punto di vista più vicino al nostro, di quella le cui lacune colmano le nostre e viceversa, quella che ci fa sentire a nostro agio anche nel confronto, perché il suo comportamento non ci rende le giornate pesanti e insopportabili fino a farle diventare un sacrificio da affrontare ogni giorno, al contrario ce le illumina di quella luce che emana dall’avere di fronte una persona simile, l’incastro perfetto i cui difetti siano compatibili e talmente affini ai nostri da non trasformarsi in difficoltà bensì in momenti in cui sorridere l’uno dell’altra.
Marta Lock