Se non ci poniamo in una posizione di ascolto…e di apertura al confronto…non porteremo mai gli altri a desiderare di essere ascoltati…
Quante volte ci siamo visti rifiutare il dialogo per motivi a noi completamente incomprensibili?
In quante di queste volte tutto il nostro desiderio di parlare e spiegare si è bruscamente interrotto davanti a una chiusura tanto netta?
Perché gli altri a volte preferiscono sfuggire il confronto piuttosto che aprirsi all’altro e accettare di mettere in discussione le proprie certezze?
Cosa fa credere a qualcuno di intuire già cosa verrà loro detto senza domandarsi o verificare se corrisponde a ciò che realmente pensa l’altro?
Negli incontri nei quali prima o poi ci imbattiamo, che siamo pronti o no a farli o che li vogliamo o no nella nostra vita, trascorso un primo entusiasmante periodo di scoperta di tutte quelle cose che ci piace fare insieme, di quanto sia bello condividere momenti che desideriamo non finiscano mai, dopo insomma una fase completamente idilliaca si arriva a un contrasto, anche piccolo, che ci porta a un più o meno lungo periodo di distacco dall’altro non tanto per volontà da parte di entrambi, quanto perché non sappiamo in quale modo la persona con la quale stiamo camminando affronti le incomprensioni o contrarietà, che dir si voglia.
Quindi potremmo trovarci di fronte a un comportamento che mai ci saremmo aspettati e soprattutto sorprendentemente in contrasto con il nostro: se siamo persone orientate al dialogo e al chiarimento potremmo avere a che fare con qualcuno che invece tende a chiudersi e a non parlare oppure se siamo soggetti che hanno bisogno di interiorizzare e comprendere prima di pronunciarci potremmo trovarci di fronte qualcuno che invece preferisce lo scontro all’attesa o ancora se apparteniamo alla categoria degli eterni impulsivi che parlano prima di riflettere potremmo trovarci di fronte a chi fugge davanti a un atteggiamento vissuto come aggressivo e rifiuta ostinatamente di pronunciare parola finché le acque non si siano calmate.
Dunque in questi casi, contrastanti quanto comuni, i tempi della riconciliazione si allungano notevolmente innescando un meccanismo di causa ed effetto che può dare vita a un infinito gioco al gatto col topo. Eppure nel caso in cui due soggetti caratterialmente tanto diversi in alcune reazioni fossero talmente aperti da mettersi in una posizione di ascolto potrebbero scoprire che quanto pensano o credono di aver capito, in base soprattutto a retaggi ed esperienze di un passato che fa sì parte delle persone che sono diventate ma che comunque si riferiscono a persone diverse da quella del presente, non è neanche minimamente simile alla realtà nella quale si trovano e che ottusamente stanno rifiutando di guardare.
Di contro chi invece vive il dialogo come momento di crescita e di conoscenza indispensabile al raggiungimento di un’identità di coppia che nel tempo potrà notevolmente facilitare l’intesa al punto di permettere alle due parti di capirsi a un solo sguardo, si scoraggia davanti alla chiusura fino al punto di non desiderare più di avere un atteggiamento empatico e di apertura davanti a chi non dimostra di volerlo.
Ma presto o tardi, se la voglia di comprendersi c’è, diventerà via via più forte fino al punto di spingere le due parti a fare un piccolo passo verso l’altro e, a quello più chiuso o spaventato dei due, di comprendere che è meglio non osservarlo attraverso la lente distorta del passato bensì cercando di spogliarsi dal pregiudizio delle esperienze vissute, alle quali tutto prima o poi sembra ricondursi, e guardare la persona che sta conoscendo come un qualcuno di nuovo, tutto da scoprire, diverso da qualsiasi altro perché ogni individuo è di per sé unico. Ciò permetterà al primo di riaprirsi al dialogo e al desiderio di comunicare e spiegare e al secondo di ascoltarlo davvero, scoprendo finalmente quanto sia bello costruire anziché distruggere e quanto parlare non debba necessariamente essere sinonimo di litigare o polemizzare, semplicemente scoprirsi…e scoprire il piacere di conoscere davvero qualcuno non per come pensiamo che sia ma per come è.
Perché lo abbiamo ascoltato.