Le cose normalmente sono così incredibilmente semplici… da indurci a fare di tutto per razionalizzarle con ragionamenti contorti… e poi lamentarci di quanto siano complicate…
Crescendo e maturando ci rendiamo conto di aver perso quella semplicità e quella spontaneità che ci permettevano di vedere le cose per come erano; spesso per le esperienze negative, la fiducia mal riposta, l’incapacità di comprendere quando di fronte a noi si trovava qualcuno con un secondo fine o qualcosa che poi ha avuto risvolti molto più contorti di quanto ci fosse sembrato, sta di fatto che lentamente abbiamo perso fiducia nel nostro intuito assumendo atteggiamenti circospetti e sospettosi.
Le conversazioni con il mondo esterno poi, sicuramente non aiutano perché generano un mix di esperienze, alcune più negative alcune meno, che da soggettive diventano generalizzate contribuendo a generare un clima pessimista supportato, come se non bastasse, dai luoghi comuni alle quali sembra quasi doveroso far rientrare ogni situazione. Dunque ogni comportamento diventa qualcosa da osservare con diffidenza, ogni azione diviene qualcosa da studiare, esaminare attraverso una lente di ingrandimento che, siamo certi, prima o poi rivelerà la cosa nascosta che vorrebbe nascondere. Anche quando ci troviamo di fronte a persone limpide, sincere e leali fin quasi a diventare troppo schiette, non riusciamo a non pensare che prima o poi riveleranno uno scopo o una complicazione che ci prenderà in contropiede e ci lascerà di nuovo scoraggiati.
A cosa serve continuare a rimuginare su qualcosa che non sapremo mai come andrà finché non ci troveremo dentro un domani impossibile da prevedere oggi?
Perché impiegare tante energie per cercare di razionalizzare ed esaminare ciò che possiamo solo vivere?
E’ davvero necessario spaccare il capello anziché decidere con naturalezza di vivere ciò che il destino ci sta offrendo?
Ci fa sentire meglio complicare una cosa anche quando ci appare semplice? Perché voler per forza sospettare che vi sia qualcosa sotto?
Cercare una spiegazione o un secondo fine diventa quasi necessario nella parte matura della nostra esistenza, una tutela contro i risvolti inaspettati davanti ai quali non desideriamo più trovarci; la razionalità dunque prende il sopravvento sull’istinto e l’impulso a lasciarci andare viene frenato dall’incapacità di gioire per qualcosa senza pensare al dopo. Tutto questo da un lato ci tutela ma dall’altro ci impedisce di vivere con semplicità le esperienze della vita, riuscendo non solo a renderle complicate pur non essendolo ma anche a rovinare il presente per voler per forza vedere un domani negativo che non fa altro che gettare ombra sull’oggi.
Così iniziamo una lenta ma illuminante riflessione sul motivo per cui sentiamo tanto forte il bisogno di dare un senso logico a qualcosa che molto spesso non ne ha, quel voler vedere a tutti i costi oltre ciò che un oltre non ha, a interpretare un senso chissà quanto nascosto in parole e frasi che vogliono semplicemente essere quello che sono e intendere ciò che dicono… e ci sorprendiamo nel riscoprire il bello del cogliere il magico momento proprio quando lo stiamo vivendo, dell’apprezzare un gesto, una frase esattamente per ciò che è e non per ciò che, secondo tortuose elucubrazioni mentali, potrebbe essere o diventare, del comprendere una persona nella sua natura e non interpretarla secondo come vorremmo che fosse o come dovrebbe essere e fare secondo il pensiero comune e generalizzato.
A quel punto scopriremo il bello del ricevere senza aspettarcelo, dell’ascoltare senza dover necessariamente interpretare, dell’accettare un silenzio non come un qualcosa da capire bensì solo come un desiderio momentaneo di non parlare… a quel punto capiremo il bello del vivere con naturalezza qualcosa che nessun ragionamento logico potrà mai spiegare o prevedere.
E a quel punto le cose torneranno a essere semplici.
Marta Lock