Cose della vita

A volte prendiamo una strada convinti che sia il meglio… poi succede qualcosa che modifica il punto di vista… un po’ perché le situazioni si trasformano… un po’ perché nel tempo cambiamo noi…

Quanti di noi hanno compiuto delle scelte categoriche e definitive convinti di fare la cosa più giusta per se stessi e per chi stava loro accanto?

E quanti poi, nel percorso e nei cambiamenti ai quali naturalmente la vita ci sottopone, si sono resi conto di non sentirsi più a proprio agio nei panni che avevano scelto di indossare?

Come convivere con l’esigenza sempre più impellente di dare una svolta alla propria vita senza però ferire nessuno o provocarne la sofferenza?

Cosa fare? Sacrificare noi stessi e l’inclinazione che ci spinge a prendere una strada diversa, o seguire l’impulso con una decisione netta che inevitabilmente ci indurrà a rivoluzionare anche la vita degli altri?

E’ molto difficile effettuare un percorso di questo genere perché ci fa sentire incoerenti, irrazionali, divisi tra il senso di responsabilità e la spinta a ricercare una nuova felicità che non riusciamo più a trovare nella condizione abituale; tanto quanto è complicato mettere a tacere la razionalità che ci imporrebbe di restare attaccati a ciò che conosciamo bene, che in qualche modo ci rassicura e che non ci provocherà mai sorprese. A volte addirittura temiamo che senza ci lasceremmo trascinare via dalla corrente senza meta e senza un porto sicuro in cui approdare quando le intemperanze della vita ci travolgeranno.

Eppure esiste una voce dentro di noi che ci chiama e ci induce a fare i conti con noi stessi, ci parla mettendoci davanti all’inevitabilità dell’esistenza che si sviluppa a fasi e ci spiega che a volte certe esperienze giungono al termine. Non è un momento facile, soprattutto se ci facciamo prendere dal senso di colpa e di responsabilità verso chi ci ha tenuto la mano per tanto tempo, che non merita un nostro abbandono, che soffrirebbe di una nostra decisione di allontanamento.

Ma non è forse vero che è molto peggio fingere una felicità che ormai non esiste, anziché confessare di non sentirsi più a proprio agio nella vita scelta in precedenza?

Non è meglio scegliere lo strappo netto della sincerità permettendo però all’altro di trovare ciò di cui ha bisogno piuttosto che trattenerci con lui pur sapendo di non essere più in grado di darglielo?

La realtà fa male, fa male riconoscere la fine di qualcosa, fa male confessare a noi stessi e agli altri che, se anche fino a poco fa riuscivamo a sentirci bene all’interno di un rapporto ormai tiepido, senza scossoni ma senza neanche grosse emozioni, che tuttavia sceglievamo perché ci rassicurava, ora qualcosa dentro di noi ci spinge con forza a cercare altro e non riusciamo più a fingere che non sia così. Accettare che una fase della nostra vita, un qualcosa di scelto e assolutamente voluto, sia al termine non è facile anzi, è talmente complicato che molti di noi rinunciano, imprigionandosi, pur di non compiere una scelta scomoda, che costringerebbe a rivoluzionare la vita propria e di chi ne ha fatto parte fino a poco prima.

Nel flusso continuo e inevitabile che è l’esistenza di ognuno di noi, non possiamo fare a meno di accettare il cambiamento come parte del cammino, e tutto ciò che pensavamo di volere, o che era perfetto nel momento in cui l’abbiamo scelto, può completamente modificarsi andando avanti, oppure potremmo semplicemente crescere e modificarci noi, al punto non solo di non riuscire più a sentirci felici, e di conseguenza non rendere più felice chi ci è stato accanto a volte anche molto a lungo, ma di avere bisogno di mettere un punto e ricominciare.

Questo non solo dal punto di vista egoistico del cercare la propria felicità, ma anche da quello altruistico del lasciare all’altro la possibilità di trovare nuova linfa con qualcuno che sentirà di essere sicuro di volerlo accanto, cosa quella che nonostante gli sforzi non riusciamo più a fare noi. E così liberando noi libereremo anche chi ha costituito una fase importante, vitale e indimenticabile della nostra crescita emotiva, comprendendo che il restare e l’andare, l’amare e lo smettere di farlo, l’essere responsabili e l’essere sinceri, sono  che semplicemente non dipendono dalla volontà razionale.

E così liberando noi e liberando l’altro, andremo entrambi verso una nuova felicità.

 

Marta Lock