Il modo migliore per essere se stessi è ricordare come eravamo… prima che gli accadimenti della vita ci cambiassero… trovando quella parte potremmo capire come farla convivere con le persone che siamo diventati…
La crescita, quel tendere verso gli obiettivi che abbiamo stabilito di raggiungere, ci porta molto frequentemente ad abbandonare le idee, le velleità, l’idealismo che ci avevano accompagnati nella fase precedente e che avevamo combattuto per non perdere; le circostanze ci hanno messo davanti a scelte obbligate, frangenti in cui non rinunciare a qualcosa di noi avrebbe significato lasciar andare un’occasione, una persona, un’opportunità importante davanti alla quale, malgrado le resistenze, abbiamo dovuto capitolare. Sebbene in principio fossimo contrariati per aver in qualche modo tradito una parte della nostra essenza, con l’andare del tempo non abbiamo potuto fare a meno di constatare quanto quella piccola rinuncia abbia portato vantaggi nel nostro percorso, quello che eravamo fermamente intenzionati a intraprendere, così abbiamo cominciato a essere più elastici, più possibilisti sull’ammettere che in fondo il cambiamento potesse costituire una crescita, un miglioramento.
Continuando ad abbracciare questo modo di porci davanti alla strada della nostra vita, è accaduto però di trovarci anche dentro ad accadimenti non sempre positivi, a volte siamo stati protagonisti di veri e propri scossoni ai quali non siamo stati in grado di resistere né tanto meno di gestire e così, in quel caso, ci siamo guardati allo specchio con la malinconica sensazione di aver modificato un lato di noi a cui tenevamo, a cui eravamo affezionati, per adattarci a qualcosa che non avevamo scelto, a qualcosa che è sopraggiunto nella nostra vita e ha dato inizio a un concatenamento di eventi davanti ai quali è stato impossibile non trasformarci e abbandonare un atteggiamento, un modo di pensare e di essere che non avremmo mai modificato se non fosse sopraggiunto quell’evento.
Nonostante tutto però ci adattiamo a ciò che nella nostra vita accade, mostriamo la camaleontica, quanto spesso inconsapevole, capacità di adeguarci al presente trasformando e a volte tentando di dimenticare quella parte di noi a cui siamo stati costretti a rinunciare, anche se in alcuni casi non può fare a meno di affiorare il rammarico, lo sguardo nostalgico verso le persone che eravamo pur sapendo di non poter più tornare a esserlo.
È davvero così?
Per quale motivo siamo sicuri che le parti di noi a cui abbiamo rinunciato non possano essere recuperate dopo un percorso di crescita durante il quale abbiamo necessariamente dovuto metterle da parte?
Chi ha detto che quegli accadimenti che ci hanno costretti a modificarci non siano invece stati funzionali a renderci più equilibrati ma anche in grado di far convivere tutti i lati di noi in una maniera differente, inedita ma molto più appagante?
Quando cominciamo a riflettere su quanto in fondo ci manchino quelle piccole abitudini, quei modi di fare che ci contraddistinguevano nell’età giovanile e che abbiamo dovuto mettere a tacere crescendo, ci domandiamo per quale motivo, alla luce del bilanciamento caratteriale che ormai ci contraddistingue, non dovremmo trovare un compromesso, un modo di far convivere tutti i lati di noi che non presenterebbero più gli eccessi e le intemperanze del passato bensì sarebbero mitigati e accolti in maniera nuova dagli adulti che oggi siamo. Così ricordiamo cosa abbiamo abbandonato, quali erano le parti che ci piacevano e che le circostanze ci hanno indotti a tralasciare e decidiamo che è giunto il momento di ritrovare la nostra vera essenza, quella che malgrado tutto sussiste ancora dentro di noi, e la lasciamo rientrare a far parte della nostra nuova esistenza, certi di essere tanto maturi da saper far convivere il passato con il presente delle persone che siamo senza ricadere negli eccessi, senza fare dei passi indietro bensì trasformandoci in individui più completi.
Marta Lock