Si può amare lasciando… si può detestare restando… e si può non amare mentendo agli altri… ciò che non si può fare è convincere noi stessi che sia giusto così…
Ognuno di noi ha appreso che nella vita non si può sempre fare ciò che si vuole, né è possibile ottenere ciò che vorremmo nel modo esatto in cui lo immaginiamo, così sviluppiamo la singolare tendenza a fare un sacrificio. Ora, dietro questa parola che sembra sottolineare il voto ad accettare tutto ciò che potremmo anche non accettare, si nascondono un’infinità di piccoli e grandi risvolti che, di caso in caso, potrebbero incatenarci dentro un’esistenza che non desideriamo affatto.
Molti hanno dovuto fare i conti con un amore che non li faceva sentire completamente bene o una relazione che stava naufragando anche se i sentimenti erano ancora vivi e forti ma ormai deleteri per entrambi, o ancora perché i compromessi da accettare erano troppo limitanti così da provocare un’inevitabile rottura che ha lasciato il sapore amaro dell’impotenza di non poter vedere realizzato il sogno, pur continuando a pensarlo continuamente dopo la chiusura; in altri casi invece caratteri tanto diversi si sono scontrati in modo talmente tanto intenso e ripetuto, da non lasciare alternativa se non quella di fuggire da qualcosa che minacciava l’equilibrio di entrambi; addirittura qualcuno si è trovato faccia a faccia con un sentimento così forte, in un momento in cui una delle due parti non era in grado di accoglierlo nella propria vita, da provocare la fuga del più spaventato lasciando l’altro a leccarsi le ferite e fare i conti con un amore a cui, suo malgrado, ha dovuto rinunciare.
Ma la parola sacrificiosi lega ancor meglio a quegli esempi, tra l’altro anche non poco frequenti, di persone che restano insieme pur non avendo più nulla da dirsi, o detestandosi al punto di guardarsi in cagnesco in ogni occasione, oppure peggio ancora di non guardarsi affatto, ma per convenienza, pigrizia, incapacità decisionale, per non dover dare spiegazioni, vanno avanti con un rapporto di facciata che non ha più però alcun significato né intimità relazionale; e poi ci sono quei casi in cui per paura di restare solo, qualcuno finge un sentimento che non prova ma che confessa e ribadisce a parole in ogni occasione, salvo poi abbassare lo sguardo, o distoglierlo fugacemente, quando l’altro lo guarda negli occhi per leggervi una rassicurazione sincera.
Perché crescendo pensiamo di dover fare ciò che è giusto a discapito di ciò che davvero vorremmo?
Chi ci ha convinti che per essere maturi dobbiamo imparare a convivere con la parola sacrificio?
Come mai preferiamo rinunciare a ciò che è vero per nasconderci dietro una finta esistenza che non rende felici noi e neanche chi ci sta accanto?
Se apparteniamo al primo gruppo, lasciamo qualcuno che ancora amiamo profondamente o ci arrendiamo deponendo le armi, raccontandoci che non c’è più nulla da fare e che il nostro equilibrio deve essere prioritario rispetto a un sentimento che ci destabilizza o agli sforzi che dovremmo fare se lottassimo per non perderlo quel sentimento; se apparteniamo al secondo gruppo, la bugia che ci raccontiamo è che preferiamo non far soffrire gli altri, che è meglio restare con chi non amiamo più anziché infliggergli il dolore di chiudere qualcosa a cui loro tengono; o ancora che a volte è meglio fingere di provare un sentimento piuttosto che confessare di aver scelto con la testa una situazione solo perché ci avrebbe allontanati da un’insopportabile solitudine.
Ma quando ci guardiamo allo specchio, scostando quel velo con il quale ci copriamo fino a convincerci che sia ormai parte di noi e attraverso il quale abbiamo deciso che il mondo debba vederci, anche se affermiamo convinti che abbiamo un mare di motivi per fare, o aver fatto, ciò che abbiamo deciso, vivere la situazione che stiamo vivendo, lasciare quella che ci spaventava vivere, non possiamo fare a meno di guardare oltre le ciglia e scorgere quella parte di noi che sa perfettamente che non siamo veri, che non è giusto ingannare, fingere, abbandonare rinunciando a noi o impedendo gli altri di scegliere una felicità che noi non gli stiamo dando.
E che le rinunce che definiamo giuste, equilibrate, convenienti, in nome dell’amore o per riempire la sua mancanza, perché alcune circostanze lo rendono inevitabile, dietro quel velo fanno male, a noi o agli altri, e non riusciamo a non confessarci che, in fondo, non c’è niente di giusto in tutto questo.
Marta Lock