Tutto ciò che facciamo e che siamo oggi… è spesso la libera espressione di tutte le cose… che non abbiamo potuto fare ed essere ieri…
Negli incontri e nelle relazioni interpersonali che hanno contraddistinto la nostra strada verso il momento presente, abbiamo avuto a che fare con persone che hanno suscitato azioni e reazioni che fino a quel frangente non conoscevamo di noi stessi; ciascuno di quei personaggi apparentemente secondari nella nostra esistenza ci ha aiutati a costruire il complesso puzzle di quella crescita fondamentale all’autoconsapevolezza, permettendoci di mettere al loro posto molti tasselli che diversamente sarebbero risultati mancanti. Di volta in volta abbiamo dimostrato maggiore audacia o una bizzarra arrendevolezza che credevamo non ci appartenesse, eppure non possiamo negare che anche quel lato insospettabile facesse parte di come ci sentivamo in quella specifica fase del nostro percorso.
Ci siamo inizialmente confrontati con interazioni che ci hanno condotti a dimostrare con irruenza e fermezza le nostre convinzioni, trovandoci poi a rammaricarci per la reazione che le frasi fuoriuscite hanno provocato nell’altro, il ricevente, l’ascoltante, che si è trovato destabilizzato e disorientato al punto di sentire la necessità di ritrarsi lasciandoci a domandarci come mai, malgrado la nostra trasparenza e sincerità, abbiamo suscitato quell’atteggiamento di chiusura. Quelle esperienze ci hanno dunque portati a rivedere il nostro approccio, a cercare di mediare molto di più e a diventare equilibrati e diplomatici nell’esprimere sensazioni, necessità, bisogni e a essere più malleabili e delicati nel rapportarci con l’altra persona. È iniziata di conseguenza una fase differente, durante la quale abbiamo cercato di assecondare di più chi ci era di fronte, a volte tacendo i bisogni che avremmo voluto chiedere ad alta voce per andare incontro alle esigenze dell’altro, una persona a cui tenevamo e che avevamo deciso di voler tenere nella nostra vita.
In quella nuova fase ci siamo abituati a nascondere la parte più istintiva, quella che se avessimo lasciato libera ci avrebbe portati a dare priorità a ciò che desideravamo noi a discapito di come fosse stato in grado di darcelo l’altro, attendendo così tempi e modi non nostri che, ci siamo detti, prima o poi sarebbero scaturiti spontaneamente in quella persona speciale che avevamo deciso fosse quella giusta per starci accanto. A lungo andare tuttavia, abbiamo cominciato a sentire emergere un senso di insoddisfazione per le necessità disattese che l’altro non sembrava aver alcuna premura di colmare, perché la nostra non manifestazione iniziale era divenuta accettazione silenziosa di tutto ciò che l’altra persona non poteva dare, con la conseguente rinuncia a ciò di cui avremmo avuto bisogno in virtù del proseguimento di un rapporto che, di giorno in giorno, diventava per noi sempre più difficile da sostenere proprio a causa di quell’inappagamento di fondo.
Per quale motivo crediamo che rinunciare a esprimere le nostre esigenze emotive più essenziali possa essere un modo per costruire un rapporto che, prima o poi, riuscirà a riempire anche quelle lacune?
Come mai abbiamo completamente soprasseduto sulla nostra determinazione a cercare ciò di cui sappiamo di aver bisogno per lasciare che l’altro si accomodi in un tipo di rapporto in cui può dare solo ciò che è disposto a concedere di sé senza domandarsi se sia abbastanza per noi?
È giusto mettere a tacere le esigenze fondamentali a permetterci di essere felici in un rapporto, solo perché abbiamo deciso di non ascoltare più quell’impulsività che in passato era stato un limite per altre relazioni?
Nel momento in cui realizziamo che anche la relazione per cui abbiamo messo da parte noi stessi per dare all’altro la possibilità di esprimere liberamente la propria natura, non ci ha fatti sentire come avremmo immaginato, perché in fondo non ci siamo dati l’opportunità di manifestare la nostra essenza e sulla base di quella costruire la relazione oppure decidere di terminarla nel caso in cui troppo discostante dall’essenza dell’altro, non possiamo fare altro che chiudere una storia che non ci ha appagati e cominciare a guardare a fondo dentro noi stessi. Quello sarà il momento in cui comprenderemo che forse è meglio esprimerci con la massima spontaneità e trasparenza, senza il bisogno di essere irruenti o impetuosi ma neanche soffocando ciò che siamo pur di tenerci accanto qualcuno di completamente diverso dalla persona di cui avremmo bisogno. Apprenderemo così a bilanciare l’impeto senza mettere a tacere ciò che siamo, a manifestare con chiarezza e fermezza tutte le nostre sfumature, senza più il timore che l’altro si allontani poiché se lo fa non è la persona che può accogliere la nostra essenza nella sua interezza. Solo vedendo che resta sapremo che è l’unica più compatibile, quella a cui non avremo paura di manifestare le nostre speranze e le nostre esigenze e a cui potremo confessare e raccontare tutto ciò che in precedenza avevamo gridato, oppure taciuto per timore di svelarci. Quella persona sarà quella con cui ci sentiremo accettati e accolti nella nostra essenza.
E noi saremo finalmente liberi di essere noi.
Marta Lock