L’imperfezione è la parte più vera di noi… ma anche quella che i più fanno fatica ad accettare… nell’errata convinzione di doverla nascondere…
Chissà per quale strano motivo tutto intorno a noi, nel vivere contemporaneo, sembra volerci indurre a vedere la perfezione come la meta più alta da raggiungere, l’ideale verso cui orientarci per diventare persone migliori, come se i difetti, le piccole manie, le mancanze che ognuno di noi ha, costituissero delle macchie da cancellare per renderle invisibili agli altri. Dunque ci adeguiamo alla realtà in cui quotidianamente ci muoviamo e apprendiamo, in modo via via più scaltro, a nascondere quel lato di noi che temiamo potrebbe farci apparire non all’altezza degli standard verso i quali vogliamo tendere.
L’abitudine a non mostrarci per come siamo, a volte si radica in modo talmente profondo da farci ricorrere all’adozione di maschere che via via si stratificano, l’una sovrapposta all’altra e in qualunque settore della nostra vita, dandoci inizialmente l’illusione di essere davvero quel modello di perfezione che vogliamo mostrare agli altri, ma poi questo meccanismo difensivo ci fa sentire a disagio perché sappiamo perfettamente di aver, più o meno intenzionalmente, ingannato le persone con cui siamo entrati in contatto. Perché chi ha scelto di starci vicino non ha idea di chi siamo davvero, perché è faticoso mostrarci sempre in fulgida forma soprattutto quando non ci sentiamo affatto così, perché è deludente sapere di essere accettati e accolti non in virtù della nostra completezza bensì solo per un lato di noi, quello che abbiamo creduto sarebbe stato più apprezzato e che è divenuto così l’armatura da indossare ogni volta in cui ci presentiamo al mondo.
Perché è tanto difficile guardarci allo specchio ed essere fieri di ciò che siamo a prescindere che rispondiamo o meno a un modello ideale?
Come mai siamo tanto convinti di dover omettere dalla nostra personalità quei piccoli e grandi nei, quelle mancanze, quelle strane manie che in fondo fanno parte di noi e ci rendono le persone che siamo?
E ancora, è davvero giusto mostrare agli altri solo una faccia della nostra medaglia, quel lato positivo che rivela solo lo scintillìo ma che non svela mai l’ombra, il nostro lato più buio?
Quanto a lungo possiamo credere di nascondere ciò che non vogliamo venga visto?
Nel nostro percorso alla ricerca di un’identità irreale stiamo dimenticando che la vera forza sta nel fare ciò che ci rende noi, ciò che è naturale inclinazione del nostro essere, con tutti i pregi e i difetti, con tutte le virtù e le imperfezioni le quali, che ci piaccia o no ammettere, ci rendono unici, non omologati, non facenti parte di uno standard a cui tutti sembrano doversi uniformare. E la cosa davvero singolare è che aderendo a un modello non solo ci spersonalizziamo ma non siamo neanche felici perché il disagio che sentiamo deriva dal non essere sicuri di avere accanto persone che saprebbero accettarci anche se mostrassimo loro tutte le nostre macchie.
Questo non per il fatto di avere di fronte persone sbagliate, o superficiali, o inadeguate, bensì per il nostro errore di non essere stati capaci di liberare noi stessi dalla gabbia dorata dentro la quale abbiamo scelto di metterci. Eppure nessuno ci ha imposto di essere come non siamo, nessuno ci ha detto di nasconderci, e se lo abbiamo fatto è stato per nostra incapacità di raggiungere un equilibrio tra i pregi e i difetti, di accettare ciò che vorremmo essere e ciò che, nonostante tutto, siamo, di accogliere e sorridere della nostra natura a metà tra il positivo e il negativo che fanno parte di noi e che ci rendono persone complete.
E, una volta raggiunta questa consapevolezza e lasciata da parte l’intransigenza verso quel lato che non ci piaceva perché convinti che non sarebbe piaciuto agli altri, ci guarderemo allo specchio con occhi nuovi, con la luce di chi finalmente si vede e, imperfezioni o no, si piace per il semplice fatto di aver raggiunto la forza di essere sé. E, a quel punto, potremmo anche scoprire che chi ci guardava da lontano e in silenzio, in disparte dallo scintillìo, era rimasto colpito e conquistato proprio da quelle imperfezioni che cercavamo di nascondere ma che era comunque riuscito a scorgere.
Marta Lock