E poi decidiamo che in fondo per essere seri e adulti… non dobbiamo necessariamente smettere… di essere un po’ folli…
Durante il cammino verso gli adulti che cerchiamo di diventare esistono momenti nei quali siamo indotti, o più semplicemente propensi, ad abbandonare il lato giocoso, divertente e fanciullesco di noi, probabilmente perché ci è stato detto che con la maturità la maggior parte degli eccessi, dello spirito goliardico, debbano necessariamente lasciare spazio a un atteggiamento differente, più responsabile, più affidabile. Questo è il motivo per il quale ci adattiamo a un modo di fare posato, persino troppo serioso a volte, ma funzionale a guadagnarci il rispetto, l’autorevolezza, e il posto nel mondo che tanto desideriamo raggiungere.
Certo, a volte risulta faticoso doverci confrontare con responsabilità, con circostanze e con accadimenti che sembrano sopraffarci ma che sono funzionali a farci conseguire la tanto sospirata maturità o quel credito professionale e personale che sentiamo essere un cardine fondamentale dell’età adulta; tuttavia, in nome del risultato che sappiamo di dover ottenere, quelle mete desiderate, quell’equilibrata saggezza a cui abbiamo sempre saputo di doverci ispirare nelle fasi precedenti durante le quali scalpitavamo e tentavamo di mantenere vivo il fanciullo nascosto all’interno di noi, in nome di quel risultato dicevo, ci abituiamo ad accogliere le evoluzioni di tutto ciò che accade come un passo in più in direzione della fase successiva. E così scegliamo di adeguarci a quella crescita spesso difficile, spesso in disarmonia con la nostra vera essenza, al punto di dimenticarci chi eravamo prima, quali fossero le nostre caratteristiche e inclinazioni più peculiari che contribuivano a renderci unici.
Eppure, nonostante i progressi evolutivi e malgrado il conseguimento di tutto ciò che avevamo pianificato, abbiamo la forte sensazione di non sentirci completi, siamo soddisfatti, certo, appagati e anche orgogliosi di noi stessi, ciononostante quel lato più impulsivo, più divertente, giocoso, leggero, ci è sfuggito, è stato rinchiuso all’interno del bozzolo delle persone che eravamo e che abbiamo per molto tempo creduto non potessero convivere con quelle che siamo diventate.
Perché questa convinzione?
Cosa ci ha indotti a credere che per essere adulti dobbiamo necessariamente occultare, silenziare, quella leggera follia in grado di colorare e modificare il corso delle giornate?
Come mai ci siamo adeguati a ciò che credevamo fosse giusto fare piuttosto che decidere di lasciar uscire la nostra vera essenza trovando così un equilibrio che ci avrebbe resi più felici?
La leggerezza, troppo spesso erroneamente confusa con la superficialità, è quella caratteristica che ci consente di affrontare ciò che accade con un sorriso, ci induce a osservare l’esistenza attraverso quel pizzico di follia necessario a sdrammatizzare, a ridere di qualcosa piuttosto che evidenziarne solo il lato più serioso e grave, a esultare con maggior trasporto nei confronti di una piccola conquista che diversamente ci lascerebbe appena sorridenti a considerarla come qualcosa di giù accaduto. È quella capacità di cantare senza motivo, di correre sotto la pioggia senza il timore di bagnarsi, di decidere di punto in bianco di prendere un treno senza sapere dove andare, è tutto ciò che scompone e destabilizza quell’approccio strutturato che ci contraddistingue abitualmente e che è perfettamente in grado di convivere con la parte più folle.
Così costruiamo un nuovo, inedito equilibrio che ci permette di mostrare a noi stessi quanto in realtà avessimo bisogno di lasciar emergere quel fanciullo dimenticato, quel lato divertente, a volte sciocco, in grado di sdrammatizzare e di alleggerire la seriosità che caratterizza l’età adulta senza per questo apparire meno affidabili, concreti, autorevoli anzi, forse è proprio grazie a quei risultati lungamente cercati e raggiunti che ci sentiamo più liberi di accogliere anche un altro modo di intendere l’esistenza che ci completa, ci arricchisce e ci rende molto più felici.
Marta Lock