Alle persone dovremmo imparare a dedicare… né più né meno dello stesso tempo che loro… sono disposte a dedicare a noi…
Chissà per quale motivo alcuni di noi nell’ambito delle relazioni interpersonali assumono il ruolo di roccia, di porto sicuro, in grado di dimostrare la propria affidabilità e stabilità in un mare di gente che quotidianamente disattende, delude le aspettative, non riesce a mantenere una parola neanche quando vorrebbe. Quelli di noi che assumono il ruolo coriaceo di boa nell’alta marea hanno anche la strana tendenza non solo a capire e scusare le motivazioni degli altri ma persino di giustificare atteggiamenti che di fatto mostrano chiaramente un disequilbrio nel rapporto.
Forse perché in una particolare fase della nostra esistenza ci siamo sentiti accusati di non essere delle persone stabili, forse perché abbiamo avuto a che fare con qualcuno di talmente incostante da aver giurato a noi stessi di non attuare mai quel tipo di comportamento con nessuno, mai, o ancora perché la nostra insicurezza interiore ci porta a un’eccessiva disponibilità al fine di sentirci indispensabili, gli unici disposti ad andare tanto incontro a qualcuno, da rendergli impossibile – questo è ciò di cui ci convinciamo – staccarsi da noi. Come spesso accade però, in una dinamica di rapporto a due, che si tratti di amore, di amicizia o di lavoro, l’altro potrà facilmente tendere ad accomodarsi nel ruolo del ricevente che trae molto vantaggio dal nostro bisogno di essere disponibili, indulgenti, comprensivi, molto di più di quanto sarebbe capace a sua volta di fare e giustificando il suo prendere dietro un gioco dei ruoli che si adatta perfettamente al suo carattere.
Perché le persone che ricevono di più tendono, dopo un periodo più o meno lungo, a credere che gli sia quasi dovuto?
Come mai non si sentono stimolate ad aprirsi a loro volta e dare con maggiore generosità per dimostrare che anche loro tengono a farci sentire bene?
E noi, in quale momento abbiamo deciso che fosse giusto mettere in secondo piano le nostre esigenze per qualcun altro?
Quando troveremo mai il coraggio di chiedere in cambio di vederci dedicare lo stesso tempo e le medesime attenzioni di cui noi riempiamo l’altro?
Inizialmente giustifichiamo quella nostra tendenza ad andare fin troppo incontro dietro il pretesto che l’altro è più impegnato, che noi abbiamo maggiore autonomia della gestione del nostro tempo, che in fondo in un rapporto a due non è poi così importante chi va più verso l’altro, insomma, non si può pesare ciò che le persone danno, non si può pretendere che gli altri siano identici a noi. Abbiamo imparato e appurato infinite volte, nel corso della vita, che le persone sono troppo diverse le une dalle altre per aspettarci che diano nella medesima maniera in cui siamo abituati a fare noi, perciò dobbiamo essere tanto intelligenti e capaci di accettare ciò che fanno secondo le loro caratteristiche, secondo la loro natura. Perché le persone vanno prese così come sono, intere, senza desiderare di cambiarle.
Eppure… eppure a un certo punto ci fermiamo, non perché vogliamo farlo volontariamente, non perché iniziamo a mettere tutto sul piatto della bilancia, non si tratta di quello, bensì perché c’è qualcosa dentro di noi che si insinua, il dubbio sempre più forte che se noi non fossimo tanto presenti e accondiscendenti forse l’altro non si sforzerebbe più di tanto per essere altrettanto disponibile con noi. Dubitiamo che se non avessimo fatto noi di tutto per cercare e trovare il tempo e il momento per andare incontro alle esigenze dell’altro forse molti incontri non ci sarebbero neanche stati, forse il contatto tanto stretto non avrebbe avuto le stesse caratteristiche di continuità, se non fosse stato per noi.
A quel punto valutiamo che la nostra stabilità, la nostra affidabilità, non sono state valorizzate nel modo giusto, che erano, per chi le riceveva, solo un modo per gestire, per avere in mano lo scettro di un rapporto al quale non era disposto a lasciare il giusto spazio nella sua vita. A quel punto scegliamo di fare retromarcia, perché abbiamo capito che gli altri non devono stare con noi perché noi diamo ciò che molti non darebbero, devono stare con noi perché sentono di volerci dare ciò che non darebbero mai a nessun altro.
Marta Lock