A volte non combattiamo…per ciò che vogliamo davvero…altre lottiamo…per qualcosa che alla fine non si rivela così importante…in alcuni casi ci allontaniamo…quando vorremmo avvicinarci…e poi un bel giorno impariamo che è meglio fare la cosa giusta…
Quante volte ci siamo resi conto di aver lottato con le unghie e con i denti, credendo fortemente che ne valesse la pena, salvo poi trovarci davanti all’evidenza di aver preso un fortissimo abbaglio?
E quanto queste delusioni hanno successivamente influenzato la nostra capacità e soprattutto il desiderio di combattere per evitare di vedersi ripetere la scoraggiante esperienza?
A tutti prima o poi è capitato di imbattersi in esperienze simili che hanno il potere di resettare la nostra formazione personale aggiungendo ai pregi e difetti del proprio carattere, che con il tempo impariamo ad accettare e a mediare, anche la paura di non essere capaci riconoscere il reale valore di una situazione o di una persona e il timore di lasciarci ingannare. Quindi alziamo la guardia e diventiamo sospettosi sia per diffidenza nei confronti degli altri ma anche e soprattutto per i dubbi relativi alla nostra capacità di valutazione, promettendo a noi stessi che la prossima volta non ripeteremo lo stesso errore.
Poi inevitabilmente ci imbattiamo in qualcosa o qualcuno che sentiamo di desiderare in modo talmente intenso da spingerci di nuovo a metterci in gioco e combattere per averlo ma proprio quell’intensità ci ricorda in modo vivo la volta in cui tutti i nostri sforzi si sono rivelati vani o in cui ci siamo resi conto di aver sopravvalutato il destinatario della nostra scelta, portandoci quindi a decidere di non voler combattere. Rinunciare ci fa male perché l’intensità sembra essere anche maggiore della precedente ma non possiamo rischiare, non possiamo permetterci di lasciare che qualcuno faccia di nuovo a pezzi la nostra fiducia, non possiamo credere di nuovo con tutte le nostre forze e alla fine trovarci ancora con un pugno di mosche.
Questo è ciò che continuiamo a ripeterci con il ritmo di un tamburo battente all’interno della nostra testa, ignorando completamente quell’istinto e quel cuore ingenui che ci avevano portati all’errore; la parte emotiva viene quindi soffocata, zittita e quasi annullata dal rumore assordante di quel tamburo della ragione che vuole a tutti i costi avere il sopravvento e alla fine vince…e noi perdiamo. Perdiamo perché in ogni caso rimaniamo con il rimpianto di non esserci dati la possibilità di stare a guardare cosa sarebbe successo quella volta, perché l’amaro in bocca lasciato dal dubbio che in quel caso potremmo non aver fatto nessun errore di valutazione non riesce a dissolversi e perché l’evidenza di aver rinunciato al nostro lato emotivo, relegandolo a un ruolo secondario imbrigliato nella rete delle paure e della mancanza di coraggio, inizia a gridare talmente forte che neanche i tamburi della ragione riescono più a coprire la sua voce.
Ci troviamo perciò davanti all’esigenza di fare chiarezza con noi stessi, un dovere nei confronti delle emozioni e un desiderio di raggiungere quell’equilibrio fondamentale tra testa e cuore che ci permetta di non avere paura e di comprendere che la delusione come anche la gioia, le vincite come anche le perdite, le colpe come anche le assoluzioni, fanno parte del vivere, sentire, crescere, misurarci e sperimentare, e che senza accettare rischi non ci daremo mai la possibilità di essere felici, oppure no, ma almeno abbiamo tentato.
Perciò quando avremo di nuovo la tentazione di far battere i tamburi della ragione più forte della voce delle emozioni dovremmo ricordarci in modo nitido di quando ci siamo allontanati pur volendo avvicinarci, di quando non abbiamo combattuto pur volendo farlo e ricordare se tutte quelle rinunce hanno portato sollievo ed equilibrio per controbilanciare la volta in cui abbiamo creduto e lottato, sbagliando, o se ci hanno lasciati con l’unica e vuota sensazione di aver rinunciato alla parte più vera di noi.
Marta Lock