A volte ciò che manca di più… non è qualcuno con cui stare… ciò che manca di più è la leggerezza dell’essere che sentivamo… quando stavamo con qualcuno…
Nella nostra vita attuale ci siamo assestati, volenti o nolenti, dentro il porto sicuro delle cose che amiamo, quelle che ci rendono felici e che a volte ci fanno arrabbiare, ma comunque fanno parte di quella realtà dentro cui siamo abituati a muoverci agevolmente. Può essere che abbiamo dovuto ricostruirlo faticosamente quell’ordine, dopo aver subìto la fine di qualcosa a cui tenevamo; oppure è stato un gancio provvidenziale che ci ha permesso di uscire da una situazione in cui non ci sentivamo più noi stessi, non riuscivamo più a stare, e da cui abbiamo sentito l’esigenza di fuggire; o ancora semplicemente abbiamo visto sfumare, come nebbia che si dissolve, tutte quelle sensazioni fondamentali a tenerci legati a qualcuno. Perché molto spesso anche le cose che iniziano più intensamente posso avere un termine temporale e scivolare via da noi senza un reale motivo, senza una spiegazione, con altrettanta casualità con cui vi erano entrate.
E tutto sommato quella lunga camminata solitaria non ci dispiace, ci fa sentire bene, autonomi e padroni del nostro tempo, senza grossi scossoni ma in fondo tranquilli. Quel periodo è fondamentale per trovare un nostro equilibrio, per comprendere tante cose di noi stessi che ci servono per accettare tutto ciò che siamo, nella nostra interezza, apprezzando i nostri pregi e accogliendo anche quei difetti che, una volta portati alla luce, sono tasselli fondamentali per completare il puzzle della nostra personalità. Dunque andiamo sereni nel mondo, perfettamente centrati e contenti di ciò che abbiamo raggiunto, con quella consapevolezza profonda di essere quelli che siamo a prescindere dalla presenza o meno di qualcuno nella nostra vita, e quella sensazione di libertà che ci rende consapevoli di non aver bisogno di nessuno per sentirci felici.
Allora perché ci capita di pensare, non sempre, solo in alcuni momenti, che ci manca qualcosa?
Come mai tutto quel benessere non riesce in fondo a farci sentirci completi?
Perché ricordiamo con nostalgia determinati episodi del nostro passato durante i quali ci sentivamo più vivi, o ridevamo di più, o semplicemente non vedevamo l’ora di fare una telefonata per condividere una nostra vittoria, un qualcosa di bello che ci era successo?
In quei particolari momenti entriamo in crisi e, in alcuni casi, facciamo fatica a capire se è quella determinata persona con cui certe cose le abbiamo fatte a mancarci, oppure se è la situazione in sé, quella sensazione di benessere che deriva dal sapere che c’è qualcuno che tiene a noi tanto quanto noi. Eppure ricordiamo con chiarezza che quando abbiamo deciso di chiudere una storia è stato perché le cose spiacevoli erano diventate insopportabili, o, quando siamo stati vittime di un abbandono, non abbiamo potuto impedire un inevitabile distacco tirando di fatto un sospiro di sollievo nel momento in cui quel braccio di ferro, quel tira e molla tra il nostro voler restare e l’esigenza dell’altro di andare, ha avuto fine. Perché in quel caso tutta la leggerezza precedente era stata cancellata dalla cappa scura del dover prendere una decisione spiacevole, perché il dissolversi della felicità arriva molto prima della chiusura definitiva di una storia, sebbene le due parti spesso rifiutino di ammetterlo.
Così ci fermiamo a riflettere e realizziamo che ciò di cui abbiamo bisogno non è di avere bisogno di qualcuno, bensì dell’imbatterci casualmente ancora una volta in quelle emozioni inaspettate, in quell’esaltante leggerezza che ci regala l’inizio di qualcosa, lo stupore nell’incontrare per caso ciò che non stavamo neanche cercando che conferma l’esistenza di quell’utopica serendipità in cui vogliamo credere, ma su cui rimaniamo scettici fino al meraviglioso momento in cui ce la troviamo di fronte.
E in quell’attimo tutta la leggerezza dell’essere, che era l’unica cosa che da soli non riuscivamo ad avere, ci risolleva conducendoci in una dimensione più completa, a un livello più alto del precedente perché non ne avevamo bisogno, potevamo anche stare senza. Così, scegliendo di accoglierla di nuovo quella leggerezza, ci arrendiamo all’evidenza che ci sta facendo sentire molto meglio rispetto a prima.
E in quell’attimo la scia del ricordo si dissolve, come schiuma di un’onda, per lasciare spazio al mare del presente.
Marta Lock