Lampi nella nebbia

L’equilibrismo di alcuni nel lasciare le cose indefinite… può essere sbilanciato solo dalla ferma posizione degli altri… nel volerle chiaramente definire…

E’ strano guardarci indietro e realizzare come alcune relazioni inizino in un determinato modo e proseguano per la stessa strada, quella della luce, della chiarezza, della spontaneità reciproca e quanto altrettanto poi, nel tempo, virino irrimediabilmente verso un distacco, un allontanamento apparentemente immotivato se non dall’inevitabilità del dato di fatto che alcune cose sono destinate ad avere un inizio e una fine. Analizzandone i percorsi, le motivazioni, le contorsioni alle quali nostro malgrado assistiamo, o a cui ci dobbiamo arrendere, acquisiamo la consapevolezza che il cambiamento fa parte della vita tanto quanto l’accettare che un sentimento possa prendere una strada differente da quella sperata e voluta.

Dunque ci ributtiamo nella mischia ben sicuri, perché l’esperienza ce lo ha insegnato, che non tutto ciò che inizia in un determinato modo deve necessariamente rimanere immutato, anzi tutt’altro, e perciò lasciamo entrare nella nostra vita emotiva anche persone che non dimostrano quell’atteggiamento chiaro e limpido a cui siamo stati abituati in precedenza, bensì tendono semmai a lasciare tutto indefinito, nebbioso, con i confini assolutamente non delineati. Non è che la cosa ci faccia sentire propriamente a nostro agio, questo no, però forse tutto sommato rappresenta una novità che sotto alcuni punti di vista ci piace, vivacizza la conoscenza, elettrizza le aspettative, l’indefinito ci incuriosisce e al tempo stesso ci stimola a cercare di definirlo insieme all’altro, senza domande, senza richieste, lasciando semplicemente che le cose fluiscano e trovino la loro direzione. E intanto ci godiamo i momenti insieme, intensi e carichi di emozioni.

Con l’andare del tempo tuttavia, cominciamo a maturare esigenze diverse, sentiamo il desiderio di condividere di più che semplici momenti, vogliamo costruire qualcosa di più solido che tenda, con il suo tempo, a diventare un rapporto limpido, solare, definito in base al modo di essere di entrambi che può anche non corrispondere a quello classico e generalizzato di uno schema di fatto non necessariamente conforme al modo di essere e di vedere di tutti. Così cerchiamo la via per far capire senza pressare, per virare verso una direzione diversa senza brusche sterzate, per avvicinarci emotivamente all’altro, e indurlo ad avvicinarsi a noi, senza farlo sentire soffocato perché ci darebbe altrettanto fastidio se ci trovassimo nei suoi panni.

Ma l’altro sfugge, si chiude dentro una coltre nebbiosa da cui non risponde né in negativo né in positivo, si avvicina ma poi si riallontana, tende la mano per fare una carezza e subito dopo la ritrae nascondendola dietro la schiena quasi come se si fosse reso conto di essersi lasciato troppo andare. E noi restiamo dondolanti in balia di quello stato di nebbia dentro il quale non esiste chiarezza e che ci porta a dubitare di noi stessi, innescando nella nostra testa la miccia delle insicurezze, generando un’eco di domande a cui non troviamo risposta.

Per quale motivo se stiamo così bene insieme, l’altro non fa un passo per rendere più lunghi gli incontri o far sì che siano più frequenti?

Come mai sembra non volersi legare a noi ma di fatto non riesce neanche a stare senza di noi?

Perché ogni volta che cerchiamo di definire il rapporto assistiamo a una fuga o, quando va bene, a una negazione salvo poi renderci conto che l’altro continua a farci capire, a suo modo, di avere bisogno di noi?

Cos’è dunque? Non ci ritiene alla sua altezza? Il suo sentimento non è abbastanza forte?

Cosa continua a rendergli impossibile staccarsi e, a ogni ritorno, a fare un passo in più verso di noi che non corrisponde però mai a quello deciso che gli chiediamo?

Poi un giorno, stanchi delle domande continue, all’altro e nella nostra testa, decidiamo noi, prendiamo in mano la situazione e scegliamo di non voler più vivere dentro quello stato di perenne nebbia, non ci adeguiamo più al suo gioco in cui il non detto può essere interpretato, interpretazione che gli lascia sempre una via d’uscita in caso di necessità, e manifestiamo con estrema chiarezza la volontà che le cose prendano una direzione decisa, in un verso o nell’altro ma decisa. E, davanti alla nostra presa di posizione l’altro si ritrae, di nuovo, ma resta incredulo, come se non avesse previsto, quasi come se non fosse possibile una tale imposizione, come se si fosse privato del suo scettro nebbioso squarciato dal nostro lampo di luce.

E così resta nel suo mondo indefinito a domandarsi come mai abbia perso il suo potere, mentre noi avanziamo decisi verso un sereno che non lo comprenderà più.

 

Marta Lock