Quando nasce un sogno

La notte non è solo la fine del giorno… la notte è anche l’inizio di un sogno… 

Nella cultura contemporanea abbiamo un forte orientamento a dare un’accezione negativa alla fine di qualunque cosa abbia fatto parte, o faccia parte, del nostro quotidiano, della nostra realtà, della nostra vita. Dunque la fine di una relazione è vissuta come una sconfitta, la fine di un percorso lavorativo è sentito come un fallimento, la fine di un viaggio è percepita come la fatica di dover affrontare di nuovo la quotidianità, la fine di un’amicizia diventa la frustrazione di aver riposto la fiducia in qualcuno che l’ha tradita. Potremmo andare avanti per giorni a elencare i motivi per cui la parola fine abbia in sé un significato triste, malinconico, a volte fonte di rabbia o di scoraggiamento.

Eppure ogni volta che nel nostro stesso passato qualcosa è finito, dopo un ragionevole tempo in cui abbiamo avuto bisogno di leccarci le ferite, ci siamo riaperti a molte altre possibilità che, a posteriori, si sono rivelate di gran lunga migliori per noi rispetto alle precedenti. Dunque, in quella fase di rinascita, vediamo le cose da un punto di vista diverso anzi, alla fine che al momento aveva tanto il sapore della sconfitta quasi non pensiamo più, l’abbiamo dimenticata perché si è affievolita l’emozione acuta che aveva accompagnato il distacco. Ricominciamo a tendere di nuovo verso un per sempre che ci fa sentire sicuri, protetti, tutelati da altri scossoni e al riparo dall’incertezza di un altro fallimento, di un’altra sconfitta, di un’altra delusione.

Persino quando una situazione non ci fa più stare bene sembriamo volervi restare attaccati pur di non dover di nuovo far fronte a un’altra fine.

Perché accettare una chiusura è così difficile?

Come mai non riusciamo a vedere le potenzialità che si nascondono dietro un qualcosa che volge al termine e che ci permette di spostare lo sguardo su dettagli che in precedenza non vedevamo?

In quale momento abbiamo perso il coraggio di guardare dentro noi stessi e trovare il positivo anche nel momento in cui qualcosa scivola via dalla nostra vita?

Il modo di guardare le cose è sempre sfaccettato, presenta sempre angolazioni differenti da quella da cui lo guardiamo noi; così nella parola fine è racchiuso sempre anche un nuovo inizio, una rigenerazione, una pagina voltata che ci permette di cominciare a scrivere una nuova storia. Il cambiamento, la modificazione, la trasformazione, tanto amata dai filosofi greci così come dalle filosofie orientali, implicano necessariamente una fine anzi, diventa necessaria per prendere in mano la consapevolezza di chi siamo e per vedere come ci assesteremo durante e dopo il cambiamento, per scoprire quante preziose risposte avremo, dopo l’interiorizzazione dei fatti, e dove ci condurranno e, soprattutto, che se qualcosa o qualcuno escono dalla nostra vita è perché il loro cammino con noi si è semplicemente concluso e se ne aprirà presto un altro.

E lo faremo non con il senso di sconfitta bensì con il sorriso interiore di chi attende il nuovo, non con la paura della perdita bensì con il coraggio di scoprire una nuova strada, non con l’amaro del fallimento bensì con il sapore dolce del sapere che un percorso aveva esaurito il suo scopo nella nostra esistenza e che lascia spazio a un nuovo giorno. Nel considerare tutto ciò potremo sorprenderci a scoprire come anche nella nostra vita, quando abbiamo accettato e metabolizzato un distacco, in realtà si siano aperte molte strade, tutte da esplorare, che ci hanno esortati a ricominciare, a trovare dei nuovi noi che non conoscevamo e, a volte, a tornare verso ciò che avevamo lasciato, ancora e ancora, per determinare dei nuovi inizi pur con le stesse persone o nelle stesse situazioni.

Dunque quando vediamo scendere la notte concediamoci di abbandonarci senza pensare che è finita un’altra giornata bensì che sta iniziando un altro sogno. Un sogno che domani, dopo la rigenerazione, potremmo far diventare realtà.

 

 

Marta Lock