Il vincente è colui che ha rischiato e ha vinto… il perdente si è messo in gioco eppure ha perso… ma lo spettatore è colui che non ha mai giocato…
Quante volte dopo una delusione ci siamo ripromessi di non voler rischiare mai più di metterci in gioco?
In quante occasioni abbiamo detto a noi stessi che sarebbe stato meglio non sforzarci tanto pur avendo l’incertezza assoluta del risultato?
Perché poi, quando l’occasione si è presentata e, nonostante le promesse a noi stessi, l’abbiamo colta sapendo, in base all’esperienza precedente, di poter perdere?
Cos’è che ci spinge a continuare a tentare nonostante, guardandoci indietro e facendo un bilancio, le volte in cui ci siamo sentiti vincenti sono tante quanto quelle in cui, nonostante gli sforzi, abbiamo dovuto ammettere la sconfitta?
La vita ci mette sempre davanti a prove, sfide, un po’ perché è così che deve essere un po’ per permetterci di misurarci con noi stessi e superare i nostri limiti o la convinzione di non essere abbastanza forti per farlo; ovviamente esistono situazioni in cui riusciamo nell’intento e altre, soprattutto quando la nostra volontà si scontra con quella di altri, in cui è necessario arrenderci e accettare la sconfitta. Per quanto possiamo temere che le cose non vadano come immaginiamo e per quanto possiamo essere spaventati nel pensare di ripetere alcuni momenti di sofferenza che abbiamo già affrontato, il sapore dolce ed esaltante della speranza che accompagna la possibilità di poter conseguire il risultato per cui tanto ci stiamo battendo, ci impedisce anche solo di immaginare di rinunciare in partenza.
Di contro, l’amaro che abbiamo sentito quando, nonostante ci siamo buttati anima e corpo in qualcosa senza però a raggiungere l’obiettivo, che fosse materiale o emotivo, ci ha fornito quell’insicurezza quasi costernata che ci induce a pensare che forse, ma è solo un attimo, sarebbe stato meglio non impiegare tante energie per ritrovarci poi con un pugno di mosche in mano. Non possiamo però negare che, nel momento in cui tendevamo e desideravamo con tutte le nostre forze, raggiungere il finale sperato, ci siamo sentiti incredibilmente vivi, energici, forti e determinati, fino all’ultimo momento, a non mollare la presa. Forse è in nome di quella straordinaria energia che si era sprigionata che, dopo un primo momento di raccoglimento, passato a leccarci le ferite e a cercare di comprendere con chiarezza cosa sia successo e perché, rialziamo la testa, usciamo dal guscio momentaneo che abbiamo costruito intorno a noi, e accettiamo una nuova sfida, rincorriamo un nuovo obiettivo, accettiamo di giocare di nuovo. Perché il rischio di perdere non sarà mai tanto deterrente quanto stimolante ed esaltante è stata l’opzione contraria, quella in cui abbiamo vinto, respirando la gioia di aver conseguito il risultato, di aver conquistato l’inconquistabile, di aver raggiungento una vetta più alta.
Tra tutto questo vincere e perdere esiste anche una categoria di persone che, al contrario, si sente più sicura nell’astenersi dal gioco, dal rischio, dal mettere sul piatto tutto perché perderlo equivarrebbe a veder sbriciolare quella sicurezza in se stessi che con metodo e cura hanno costruito nel tempo, senza scossoni, goccia a goccia, mattone sopra mattone, scegliendo di vivere nella misura, nel mezzo, nella non estremità, né da un lato né dall’altro. Questa tipologia di persone, gli spettatori, preferisce preservarsi dalla sofferenza non dandosi, tenendosi tutto per sé, mantenendosi in equilibrio con se stessi perché è rassicurante, non coinvolgente ma neanche deludente, non esaltante ma neanche pericoloso, e così rinunciano a giocare, a lottare… in fondo, in qualche modo rinunciano a vivere o meglio si accomodano dentro una vita a metà.
Perciò, sia che abbiamo sofferto o gioito, sia che ci siamo esaltati o depressi al punto di non avere più il coraggio di tentare ancora, sia che abbiamo dovuto leccarci le ferite o salire sul podio più alto, sappiamo comunque di aver preso in mano l’esistenza e tirato i dadi, con la speranza di fare un punteggio alto ma consapevoli di poterne ottenere anche uno basso. Sappiamo che se non lo avessimo fatto saremmo rimasti con il dubbio di poter riuscire, di poter ottenere quel qualcosa in più che ci avrebbe resi felici, per un attimo o per sempre non importa, ma comunque ci ha fatto mordere quella vita che può fuggirci via da un momento all’altro, sia che ci siamo buttati sia che ci siamo trattenuti.
La differenza è che chi ha scelto di essere protagonista porta dentro di sé la consapevolezza della propria forza e della debolezza mentre chi è rimasto spettatore di domanderà sempre che sapore avrebbe avuto quel morso che non ha mai dato.