A ognuno di noi è successo prima o poi di incontrare quella persona capace di regalarci sensazioni ed emozioni talmente forti e intense da non essere spiegabili, soprattutto se appaiono improvvise fin dai primi incontri. Una tale forza, che niente ha a che vedere con il classico colpo di fulmine perché lo supera e lo oltrepassa elevandosi a qualcosa di livello ben più alto, ci sorprende al punto di portarci a sottovalutarla per ricondurla entro i confini di ciò che conosciamo, dunque a una forte attrazione fisica, oppure giustificandola con un particolare momento di debolezza in cui abbiamo fortemente bisogno di aggrapparci a qualcosa che ci regali benessere.
L’intesa è talmente superiore da non rendere necessarie tante parole, eppure i silenzi e la comunione di pensiero sono chiari quanto mai lo sono stati lunghissimi discorsi fatti con tanti altri per cercare di spiegare ciò che non dovrebbe neanche essere spiegato. Vedere l’altro agire esattamente come ci aspetteremmo facesse, dire esattamente le cose che desideriamo dica e renderci conto che la stessa identica sensazione è condivisa anche da lui, facendoci sentire come quelle coppie di ballerini talmente in sintonia da non rendere più necessarie prove prima di iniziare la danza, ci appaga e ci rende sereni, sicuri e certi di poterci fidare, senza una motivazione precisa, semplicemente perché lo sentiamo. Ma ci ostiniamo comunque a voler ridimensionare tutte le sensazioni riconducendo quella forte intesa a qualcosa di terreno che non ci spaventi e ci renda tutto giustificabile.
Poi improvvisamente accade qualcosa, un gesto, una parola, una scusa che determinano l’allontanamento e la chiusura della relazione in modo tanto immediato quanto lo era stato il suo inizio. E proprio in quel momento, quando tutto ciò che avevamo di colpo viene a mancare, ci rendiamo conto di quanto poco fosse legato alla motivazione con la quale avevamo cercato di spiegarcelo e di quanto invece il legame fosse intenso e profondo al punto di non riuscire a poter accettare quell’allontanamento. Dunque tentiamo, ancora e ancora, di cercare un contatto, inizialmente casuale poi più aperto e manifesto, che ci permetta di riprendere ciò che bruscamente si è interrotto perché la sua mancanza ci da la sensazione di non avere più il terreno sotto i piedi. Ma ogni tentativo sembra essere inutile, sembra cadere nel nulla così, stremati e sfiduciati, demordiamo e ci imponiamo di dimenticare.
Perché qualcosa di tanto coinvolgente sembra essersi dissolto nel nulla?
Possibile che l’intensità di quanto provato fosse univoca e l’intesa avvertita fosse solamente frutto della nostra immaginazione?
Cosa ha portato noi a voler sottovalutare o ridimensionare, chiamandolo con un altro nome, un sentimento talmente forte da renderci impossibile dimenticarlo?
E l’altro? E’ scappato perché spaventato a sua volta dall’intensità delle emozioni o perché spiazzato per aver assistito al nostro non voler dare a quelle stesse emozioni il valore che invece avevano?
Domande che non trovano risposta, dunque ciò che ci rimane da fare è cancellare il ricordo e proseguire sulla nostra strada. Usciamo, conosciamo persone, tentiamo di iniziare rapporti che al momento ci piacciono, ci incuriosiscono, ci stimolano ma… ma poi puntualmente tutto ci riporta alle emozioni, alle frasi, alle immagini di quel bellissimo incontro superiore che ci aveva coinvolti corpo, anima e testa. Nonostante ci imponiamo di non pensarci, nonostante ogni volta che il ricordo affiora cerchiamo di rimandarlo a fondo sforzandoci di pensare al mistero della sua fine, nonostante sia passato del tempo dal distacco, nonostante tutto, quell’emozione che avevamo creduto di aver allontanato è sempre lì, presente, forte, indissolubile e più prepotente del momento in cui la stavamo vivendo.
Niente e nessuno riesce a uguagliare la persona perduta e questo non per testardaggine, ostinazione, desiderio di rimanere attaccati con le unghie e con i denti a qualcosa che non esiste più anzi, sappiamo di aver tentato di dare ad altri la stessa importanza che avevamo dato a lei aspettando, perché consapevoli che non tutte le cose iniziano allo stesso modo e partono con la stessa forza, che il nuovo diventasse più importante del passato ma senza riuscirci. Ogni frase, ogni sguardo, ogni contatto viene immediatamente paragonato a quel periodo come se la nostra anima non volesse piegarsi alla razionalità che ci impone di dimenticare, come se la nostra anima non volesse rassegnarsi a stare lontana dall’altra che riteneva essere l’unica che potesse camminare con lei mano nella mano.
E a quel punto ci rendiamo conto che il tempo trascorso non è servito ad affievolire l’emozione, semmai la intensifica di giorno in giorno alimentandone la forza… fino al momento in cui, forse, quell’anima tornerà a stringere la nostra mano.
Marta Lock