Un’emozione non ha spiegazioni… non ha motivi e non ha ragioni… lei nasce spontanea anche dentro un deserto… si nutre solo di sabbia e vive…
Quante volte ci è successo di credere di aver dimenticato un particolare momento della nostra vita ma poi improvvisamente è riemerso?
Come mai siamo stati tanto sicuri di aver superato in modo definitivo un distacco o la fine di qualcosa, salvo poi sorprenderci a pensarci quando meno ce lo saremmo aspettato?
Perché tutto ciò di cui non ricordavamo più i dettagli si manifesta dal nulla travolgendoci di nuovo con un’intensità che mai avremmo immaginato di ricevere da un passato superato?
Molto spesso tendiamo ad allontanare le sensazioni forti che, belle o brutte che siano state, ci hanno in ogni caso dato un incredibile scossone emotivo ma che poi, per vari motivi, abbiamo dovuto chiudere all’interno del quaderno del non più per poter iniziare la nuova pagina di un presente all’interno del quale non poteva essere compresa quella situazione. Altrettanto spesso la scelta è stata difficile perché non dipesa dalla nostra volontà, subita a causa di circostanze esterne o per decisione dell’altro, in ogni caso, nonostante la nostra resistenza e dopo i vari tentativi di trattenere quell’attimo che avremmo voluto non finisse mai, abbiamo dovuto capitolare e accettare di mettere la parola fine a ciò che avremmo voluto durasse per sempre.
L’unica cosa da fare era riprenderci il nostro spazio, cercare di nascondere in un angolo piccolo piccolo della nostra anima quell’emozione che ormai non doveva più sopravvivere; e lo abbiamo fatto ricominciando una quotidianità diversa, aggiustata sul ritmo di una solitudine iniziale che era necessaria per riassestarci, leccarci le ferite e poi riaprire ancora le porte ad altre sensazioni che, ne eravamo certi, ci avrebbero fatto dimenticare la precedente. Altri invece hanno optato per costruire un muro intorno a quell’emozione che hanno dovuto dimenticare, per proteggersi dalla possibilità di dover ancora una volta far fronte a un allontanamento involontario che ha lasciato una ferita profonda e scegliendo di dedicarsi ad altro, affermando di non voler più mettersi in gioco e così, giorno dopo giorno, hanno nascosto sotto la sabbia la parte di se stessi che aveva impressa quella ferita, quel senso di mancanza e di perdita che volevano solo cancellare, far sparire, allontanare da sé.
Poi però può succedere che un piccolo dettaglio, un contatto inaspettato, il fotogramma di un ricordo o un incontro del tutto fortuito, ci riconduca mani e piedi dentro quell’attimo dimenticato che riemerge con tutta la sua forza, come se la sabbia con cui l’avevamo coperto fosse servita solo a conservarlo meglio, come se tutte le motivazioni logiche che ci eravamo dati per indurci a decidere che fosse meglio non ricordare crollassero giù di colpo, distruggendo un castello eretto per coprire ciò che preferivamo non guardare. Lo scoperchiarsi di quel vaso di Pandora ci stupisce e ci spaventa, perché non eravamo preparati a gestire un qualcosa che ci eravamo lasciati alle spalle, non eravamo sufficientemente presi da altro per riconoscere e accettare quell’emozione senza sentircene travolti, o forse è stato proprio il suo sussistere senza che ne fossimo consapevoli, ad averci impedito di lasciarci prendere da altro.
Alla luce della nuova consapevolezza ci confrontiamo con noi stessi e con chi è stato capace di dare vita a un’emotività che ormai sentiamo essere completamente riemersa a bagnare la sabbia come un fiume in piena, e scopriamo che anche per l’altro tutto era rimasto lì, latente e silenzioso al punto di credere che si fosse dissolto nella memoria ma che invece è ancora intatto e chiede una nuova vita. Entrambi increduli di come possa essere sopravvissuto qualcosa che razionalmente non è spiegabile, né credibile, ci arrendiamo all’evidenza di ciò che è e ci riavviciniamo dando una nuova vita a quell’emozione che ha, a tutti i costi e con tutte le sue forze, voluto mantenere quella linfa sotto un deserto di ragioni, di motivazioni, di logica, e ricominciamo a scrivere una nuova pagina, consapevoli della forza di ciò che è sopravvissuto.
Una nuova pagina che, solo a posteriori possiamo comprendere, non aveva mai voluto definitivamente chiudersi.
Marta Lock