Il momento più intenso non è quello in cui parliamo e spieghiamo… il momento più intenso è quello in cui scopriamo… che dietro un incomprensibile silenzio si nascondeva un attento ascolto…
In alcune fasi di una relazione, o con alcune persone con le quali comunicare è sempre risultato più complicato che con il resto del mondo, capita di cercare di spiegare un comportamento, un modo di pensare o un punto di vista senza riuscire a far comprendere a chi ci sta ascoltando ciò che, disperatamente e con tutte le forze, vogliamo intendere.
Eppure stiamo attenti a pesare bene le parole e a dare il giusto senso alle frasi proprio per evitare fraintendimenti ma tutto lo sforzo appare vano perché l’altro continua, irrimediabilmente, a non capire o a stravolgere il significato di ciò che vogliamo dire, facendoci dubitare della nostra chiarezza. Dunque dopo sforzi, discussioni, musi lunghi e monologhi da parte nostra per non lasciare nulla di intentato, ci arrendiamo all’evidenza che tutto ciò che ci resta è mollare il colpo e chiudere un capitolo della vita troppo complicato da portare avanti.
Come mai pur davanti alla nostra innegabile capacità comunicativa l’altro non si apre al confronto e sembra non comprendere?
Perché una grande apertura può generare, contrariamente a quanto ci aspettiamo, una chiusura totale che non ci fornisce alcun tipo di risposta?
E’ paura di esprimere e liberare la propria interiorità quella dell’altro o solo timore di ferire con le sue parole la nostra sensibilità?
Il suo silenzio è dovuto all’incapacità di chiudere qualcosa o dal non volerla in realtà davvero chiudere?
Le parole che abbiamo detto continuano a riecheggiare nella nostra testa per molto tempo, ferendoci soprattutto per quelle non risposte e quei silenzi con cui sono state accolte e ci inducono a meditare sul nostro comportamento tanto quanto su quello dell’altro, sulle nostre personalità a volte simili e a volte contrapposte, al nostro voler manifestare tutto, troppo, e al suo tenersi tutto dentro come se fosse troppo difficile aprire il suo scrigno o arginare l’emotività che noi, con il nostro continuo esprimere, gli manifestavamo senza riserve. E ci viene spontaneo domandarci se lo stesso eco risuona anche nella testa dell’altro, se a sua volta si fa le stesse domande, si pone gli stessi quesiti, esamina le cose belle e gli errori fatti… ma, tutto sommato, se il suo silenzio continua a perpetuarsi ci diciamo che probabilmente per lui è tutto superato, il passato dimenticato e le emozioni non sufficientemente forti da essere impulso a volerle rivivere.
Eppure c’è una sottile vocina dentro di noi che continua a suggerirci di credere che in fondo anche l’altro sta ricordando, perché il sottile filo che ci lega a lui non si è mai interrotto e la comunicazione emotiva tra le due anime continua a essere forte nonostante la distanza, il tempo e le vicissitudini con cui ci siamo confrontati dalla fine di quella relazione in poi. Nonostante abbiamo tentato, lungo il percorso, di accorgerci di altri, di rivolgere le nostre attenzioni a chi sicuramente sarebbe stato più in grado di comprenderci, di comunicare, di apprezzare la nostra capacità di esprimere, nonostante tutto ciò le emozioni che ci tornano in mente sono quelle che abbiamo lasciato indietro, ogni giorno più forti, solide e intense che mai, come se quel filo comunicativo contribuisse a non farle sbiadire.
Un giorno poi, chissà come, la vita ci riporta improvvisamente indietro, faccia a faccia con quel passato che volevamo dimenticare, senza riuscirvi, e d’un fiato comprendiamo che tutto il silenzio che tanto ci aveva feriti era solo un’incapacità di gestire un’emozione forte, il dubbio di lasciarsi andare a qualcosa che poteva far perdere il controllo e l’equilibrio della propria vita, un voler lasciare aperto un piccolo spiraglio a qualcosa che non voleva si chiudesse. Quel giorno ci renderemo conto che la scia che mai avremmo immaginato avessimo lasciato dietro di noi, aveva permesso a quell’immotivato silenzio, di trasformarsi in voce consapevole di un nuovo presente.
Marta Lock