Sulla riva del fiume

A volte il cambiamento che tanto aspettiamo non arriva all’improvviso…si addentra lentamente nella nostra vita senza farsi notare…fino al giorno in cui finalmente lo vediamo…

Abbiamo combattuto lunghe battaglie, ci siamo lasciati prendere la mano dall’impazienza seguita spesso dallo sconforto del non essere riusciti a vincere, dimenticandoci di quando invece il risultato l’abbiamo ottenuto, e abbiamo assistito al rapido raggiungimento degli obiettivi da parte di chi era intorno a noi. Ma non abbiamo mollato e abbiamo insistito e cercato con tutti gli espedienti, ricorrendo a tutti i mezzi, di ottenere ciò che ci eravamo imposti esattamente quando lo volevamo, con il risultato di aver impiegato tante energie per ritrovarci alla fine solo con un pugno di mosche. Poi siamo giunti alla fase in cui ci siamo intestarditi nel vedere la realtà solo dal punto di vista del perdente, a volte con una vena vittimistica, solo perché ciò che desideravamo in quel momento era impossibile da conseguire, dando per certo che mai e poi mai avremmo avuto l’opportunità di afferrare una chimera che, inesorabile, ci continuava a sfuggire dalle mani.

E non serviva pensare a tutto ciò che invece avevamo ottenuto un po’ perché l’averlo gli sembrava ridimensionare la sua importanza un po’ perché in fondo il desiderare rendeva infinitamente più importante ciò che non era così facile catturare, afferrare, possedere. Questo meccanismo inconscio apparteneva sia al lato materiale della nostra quotidianità sia a quello emotivo generando comunque la frustrazione del non riuscire e portandoci spesso a lamentare la mancanza di quel cambiamento che poteva completamente cambiare la nostra vita. Poi arriva una fase successiva, quella in cui a posteriori ragioniamo, razionalizziamo, e ci convinciamo che se non siamo riusciti nel nostro intento è perché forse quella per cui stavamo lottando non era la cosa giusta per noi, o il momento giusto oppure la situazione più adeguata. Dunque cerchiamo di domare l’impazienza che ci investe di quando in quando, mettiamo a tacere la voce dell’insoddisfazione che periodicamente fuoriesce dalla nostra gola e impariamo ad accettare la sconfitta.

Perché siamo tanto convinti a volte che se qualcosa non giunge con i tempi che ci siamo imposti, automaticamente dobbiamo darci per vinti?

Come mai dimostriamo tanta impazienza di ottenere ciò che se non arriva in un determinato momento probabilmente è solo perché quando arriverà lo farà nel momento e nel modo più giusto e forse migliore di quanto lo sarebbe giungendo prematuramente?

Cos’è che rende tanto difficile l’attesa di una trasformazione più lenta ma certamente ben più solida e duratura di un qualcosa che arriva nella nostra vita come una cometa e che altrettanto velocemente potrebbe poi uscirne?

Per quale motivo non comprendiamo l’importanza di lasciar fluire le cose con lo sguardo positivo di chi comprende che la pazienza e la fiducia non sono sinonimo di sconfitta?

Giunge infine un momento più equilibrato e maturo in cui, guardandoci indietro, ricordiamo che non tutto ciò che abbiamo oggi è arrivato nei tempi che avremmo immaginato e che altrettanto spesso ci siamo sentiti abbattuti per non aver conseguito qualcosa che poi invece per un’altra strada, attraverso un sentiero completamente diverso da quello nel quale ci trovavamo, è comunque giunta a noi e, soprattutto, in una fase e in con una modalità molto più giusti e durevoli rispetto a quando l’avevamo cercato spasmodicamente.

Perché molto spesso la vita non è un fiume impetuoso dove tutte le acque scorrono velocemente e dove la corrente raggiunge la forza e la velocità che immaginiamo abbia, non sempre dopo un impetuoso fluire arriva una cascata, spesso in modo inaspettato le rapide rallentano, si fermano per un po’ a riposare in un calmo lago, continuano il loro flusso e lentamente ma inesorabilmente arrivano, seguendo il loro ritmo. E noi, che vorremmo l’accelerazione di quelle rapide pur conoscendo il rischio di essere risucchiati dalla corrente che potrebbe farci finire sulla riva anziché portarci via con sé, impariamo a lasciarci cullare e ad adattarci a quell’andamento lento che, seppur con tempi più lunghi, ci porterà esattamente dove dovremo essere.

E guardandoci di nuovo indietro comprenderemo di essere giunti nel luogo esatto che avevamo desiderato tempo prima al quale, nell’impazienza e nella frustrazione del non aver raggiunto l’obiettivo, avevamo definitivamente rinunciato ma che invece, con un percorso completamente diverso, lento ma incessabile, ci rendiamo conto di aver raggiunto e di essere stati noi a non notare di essere nel flusso di qualcosa in movimento pur avendo l’impressione di restare fermi.

 
 
Marta Lock