Vattene amore

Un’emozione troppo debole ci induce ad allontanarci… tanto quanto ci fa venire voglia di scappare… una troppo forte… perché perderci in essa a volte fa paura…

Nella vita contemporanea, quella strana giostra di incontri, scontri, corse per raggiungere ciò che vogliamo dal punto di vista materiale e distacchi da tutte le cose che prima desideravamo e poi non ci interessano più, affrontare il mondo emotivo con tutte le sue morbidezze, con le sue profondità e aperture, con il suo chiederci di mettere in gioco qualcosa di molto più importante, diventa un rischio molto spesso troppo alto per indurci a scegliere di correrlo. Dunque in molti casi preferiamo accantonare qualcosa che siamo certi di non essere in grado di gestire raccontandoci la favola dell’essere troppo impegnati e dell’avere troppe cose da fare per dedicare il nostro tempo a quelle cose… usando quasi un tono di sufficienza o dispregiativo nel parlare di loro.

E incontriamo, in quel percorso di rifiuto, un esercito di individui che, come noi, se ne vanno per il mondo camminando su una nuvola di distacco e superficialità in cui nessuna emozione li tocca e nessun incontro sarà mai tanto importante da fargli, e farci, mettere giù un piede per provare a immergerlo in quel mare nero e sconosciuto che è costituito dalle vibrazioni dell’anima. Rapporti mordi e fuggi o orientati solo all’appagamento fisico, senza impegno – la frase del secolo -, che riescono a non toccarci, a non entrare nel nostro intimo, fino a dimenticare, dopo un po’ di tempo, di averli mai avuti. Incontri poco importanti e poco coinvolgenti a cui, passato il momento della novità e dei primi approcci, non riusciamo a dare una continuità sia perché spesso le persone con cui le intrecciamo non sono quelle che sceglieremmo di avere accanto come partner, sia perché non sentiamo quel trasporto che ci indurrebbe a cercare di capire se possa nascere qualcosa d’altro. E così ci allontaniamo e ricominciamo a incontrare.

Perché è diventato più facile astenersi dal provare un’emozione piuttosto che accoglierla per viverla pienamente?

La paura di rinunciare alle cose materiali che potremmo avere è davvero così forte da farci scegliere di non vivere qualcosa che forse ci ammorbidirebbe al punto di perdere la determinazione negli altri settori della vita?

Non è vero che però, nonostante tutti questi incontri mordi e fuggi, in fondo a noi stessi sappiamo e sentiamo di sentirci soli?

Per quale motivo non riusciamo a vivere un rapporto quando non ci coinvolge né tantomeno riusciamo a pensare di viverne uno che ci farebbe perdere il controllo?

Può succedere che tra tutti gli incontri, i vai e vieni, la nuvola di superficie sopra la quale ci muoviamo, un giorno, inaspettatamente, incrociamo uno sguardo diverso, che ci fa tremare le gambe e ci fa sentire, immediatamente e inspiegabilmente fin dal primo istante, di voler mettere giù un piede, quasi come se un impulso irrefrenabile ci rendesse impossibile il tenerlo sopra la nuvola. La sensazione è strana, diversa da tutte le altre dove il brivido era costituito solo dalla novità, questa è più intensa, più travolgente ma, soprattutto, condivisa perché lo sguardo su di noi ci conferma, pur non conoscendolo ancora a fondo, lo stesso stato di sorpresa e confusione che non permette a nessuno dei due di allontanarsi. In quel momento esatto scegliamo istintivamente di vivere qualcosa di diverso, di profondo in un modo che nessuno dei due riesce a immaginare.

Essendo entrambi appartenenti a quel folto gruppo di persone che avevano scelto la non emozione, tutto quel sentimento incontenibile è talmente difficile da gestire che porta allo scontro, a volerlo combattere, a non volersi arrendere a ciò che ormai è già deciso dal destino. Inizialmente la tendenza è quella di sottovalutare il rapporto riconducendolo a tutti gli altri avuti in precedenza perché è l’unico modo in cui siamo abituati a viverlo e perché collocarlo in una posizione già nota ci fa sentire più sicuri… pur sapendo entrambi che questa volta è qualcosa di diverso, fingiamo di non crederci e tendiamo a tenerlo ai margini. La paura della tempesta emotiva che sentiamo sopraffarci ci porta a distacchi, scontri, fughe seguite da ritorni, momenti di abbandono totale l’uno all’altro e poi, subito dopo rigidità, quasi a combattere uno contro l’altro mentre in realtà l’unica battaglia che combattiamo è quella contro noi stessi e la forza che si libera dall’anima.

Fino a che poi, piano piano, giorno dopo giorno, non ci rendiamo conto entrambi che è passato tanto tempo e siamo ancora lì, uno di fronte all’altro, persi in un sentimento che ci ha spaventati, che abbiamo cercato di rifiutare, di allontanare, di cancellare ma che è ancora lì, solido, forte, spaventosamente intenso… ancora dopo tanto tempo.

 
Marta Lock