Vicendevolmente

Le certezze che diamo sono il risultato delle sicurezze che riceviamo… mancando una parte di questa equazione… il risultato sarebbe completamente diverso…

Il momento in cui riusciamo a raggiungere una maturità emotiva sufficientemente equilibrata e consapevole comprendiamo quanto sia essenziale la reciprocità, elemento fondamentale delle relazioni interpersonali. Malgrado inizialmente ci sia stato detto che non è importante ricevere quanto piuttosto darsi, concetto che abbiamo cercato di applicare alla realtà che di volta in volta ci trovavamo a vivere, ci siamo dovuti arrendere all’evidenza che nel caso di uno sbilanciamento emotivo abbiamo dovuto fare i conti con atteggiamenti e situazioni che ci hanno indotti a sentirci insoddisfatti, inappagati oltre che frustrati nei nostri slanci. Nelle esperienze immediatamente successive abbiamo scelto l’atteggiamento opposto, quello cioè di attendere che fosse l’altro a trovare un modo per giungere a noi, per rassicurarci mentre noi ricevevamo tutto ciò che, per bilanciamento rispetto a ciò che era accaduto in precedenza, pensavamo di meritare.

A quel punto però lo sbilanciamento che avevamo avvertito nell’esperienza anteriore è lo stesso che percepiamo a nostra volta, anche se in quella seconda fase evolutiva siamo noi a prendere lesinando il nostro dare; e così ci ritroviamo a meditare di quanto ciò che stiamo mettendo in atto sia altrettanto insoddisfacente, di quanto in fondo non sia così appagante trovarsi a essere un ricevente che si accomoda in quel ruolo non ritenendo necessario a sua volta dare. Certo, nelle questioni sentimentali non si può, e non si dovrebbe mai fare un bilancio, pesare e misurare quanto l’uno dia rispetto all’altro, tanto quanto non è però giusto per noi stessi e per il nostro amor proprio, donarsi incontrando chiusure o respingimenti nei confronti dei nostri slanci naturali. Dopo questo tipo di percorso introspettivo e di osservazione delle dinamiche e degli eventi che ci hanno spinti a trovarci faccia a faccia con una realtà che facevamo fatica a prendere in considerazione, proprio in virtù degli insegnamenti sulle questioni emotive in base ai quali non debbano esistere regole bensì solo il sentire individuale sulla base di cui adottare un determinato tipo di comportamento, decidiamo di fermarci e meditare su quanto debba prevalere l’univocità sulla reciprocità.

È giusto far dipendere un sentimento da quanto l’altro sia disposto a dare a sua volta, nel momento in cui noi siamo predisposti a donare senza freni?

Per quale motivo dovrebbe essere accettabile il contrario? Perché dovremmo ignorare i freni e i segnali di distacco dell’altro, ascoltando solo ciò che desideriamo noi?

Quanto è adulto un atteggiamento in cui sentiamo di desiderare un equilibrio emozionale con l’altro se paragonato a quello in cui non conta chi dà e chi riceve bensì semplicemente il sentirsi bene con se stessi?

Nel momento in cui giungiamo a una conoscenza più profonda di noi tale da indurci a guardare al nostro passato per riuscire a comprenderne dinamiche e conseguenze, conquistiamo la lucidità per capire che una relazione, un rapporto adulto, dovrebbe portare con sé il seme della vicendevolezza, di quella bilateralità emotiva nella quale entrambe le parti si sentono appagate, avvolte, completate in modo spontaneo pur senza dover pesare e misurare tutto ciò che fuoriesce; è solo in presenza di quel tipo di reciprocità che possiamo sentirci davvero riempiti da un sentimento, da un rapporto in cui possiamo dare sicurezze proprio perché ne riceviamo senza bisogno di chiederle.

Allo stesso modo, qualora realizziamo di non avere tutto ciò che silenziosamente desideriamo, possiamo decidere di non proseguire a percorrere un sentiero univoco, unilaterale, che ci lascerebbe inappagati come l’esperienza del passato ci ha insegnato, e di rivolgere dunque tutto ciò che abbiamo custodito nella nostra interiorità, a qualcuno per cui le certezze e le sicurezze della vicendevolezza siano importanti e irrinunciabili tanto quanto lo sono per noi.

 

 

 

Marta Lock