A modo mio, a modo tuo

Se ci ostiniamo a voler ricevere come daremmo noi…non saremmo mai in grado di accorgerci…che qualcuno ci sta dando a modo suo…

Dopo innumerevoli analisi dei comportamenti di chi, di volta in volta, si trovava al nostro fianco, dopo aver vagliato, valutato e soppesato oltre ogni misura tutto ciò che veniva fatto da noi senza ricevere in cambio lo stesso controvalore, almeno secondo i nostri parametri, dopo aver marchiato come sbagliati tutti quei comportamenti che si discostavano dalla nostra visione delle cose, ci troviamo un giorno a domandarci se tutte quelle considerazioni avessero un senso nella realtà.

E’ giusto classificare come inadeguati tutti i modi di fare che non corrispondono alle nostre aspettative?

Non è forse che non siamo capaci di uscire da noi stessi e considerare l’altro come un individuo con modi di fare propri e assolutamente singolari, come in fondo lo è ognuno di noi, impedendoci di vedere ciò che a modo suo fa per noi?


Chi stabilisce qual è il modo giusto di dimostrare un sentimento o di far capire a qualcuno che è importante per noi?

E ancora, perché facciamo prevalere l’ottusità di comprendere le cose solo se arrivano come ce le aspettiamo e non prenderle in considerazione se ci vengono date come l’altro sente di dare?

Dopo un’attenta e approfondita riflessione, accompagnata da diversi salti indietro nel passato più lontano, sicuramente più razionalizzabile e facile da capire rispetto a quello più recente che è ancora più legato all’emotività, ci rendiamo conto che alcune persone che a suo tempo avevamo considerato come non sufficientemente interessate a noi o non abbastanza capaci di darsi, in realtà si stavano semplicemente destreggiando con le proprie emozioni e cercando di dare così come sentivano di fare e come il loro istinto dettava loro. L’atteggiamento male interpretato era stato poi causa di una rottura che solo dopo l’inevitabile fine aveva rivelato la sofferenza di quella che avevamo considerato come la parte forte del rapporto, mettendo noi nel ruolo della debole vittima della loro insensibilità.

Chi è in realtà la parte debole?

Quella che chiede, urla e strepita per avere ciò che vuole nel modo in cui lo vuole o quella incapace di esprimere i propri sentimenti al punto da sentirsi carnefice di una vittima che vorrebbe invece solo proteggere e far sentire al sicuro?

Le persone sono molteplici e sfaccettate, ognuno ha il proprio modo di sentire, dimostrare, dare, e se non lo fa nel modo esatto in cui lo faremmo noi o come ce lo aspettiamo non significa che non provi emozioni o non desideri darsi, semplicemente cerca e desidera farlo a modo suo, senza richieste che lo farebbero sentire meno spontaneo e senza pressioni per dire o fare le cose in tempi non adeguati al proprio ritmo interiore. E, tutto sommato, è esattamente ciò che succede anche a noi ma mentre quando ci troviamo noi in quei panni siamo perfettamente in grado di capirlo, quando si tratta di un altro sembriamo diventare ciechi e sordi.

Perciò iniziamo a dubitare della nostra capacità di giudizio, sicuramente poco obiettiva in quanto totalmente osservata da un punto di vista univoco e, con il tempo e il percorso di crescita iniziamo a guardare gli altri in un modo diverso, a capire molto più velocemente cosa stanno facendo per noi non nel modo esatto in cui noi desidereremmo riceverlo, bensì come parte da loro senza pressioni né costrizioni, così liberamente e altrettanto liberamente arriva. Perciò comprendiamo che la capacità di saper comprendere chi ci sta di fronte e ci guarda in silenzio è strettamente legata alla serenità di osservare a nostra volta l’altro senza giudizi né aspettative, semplicemente guardandolo…e sarà quello il momento in cui ci renderemo conto di ricevere davvero, molto più di quanto avremmo mai chiesto o immaginato, perché lo avremo lasciato fare a modo suo.

 

Marta Lock