Allora ti arrendi?

La capacità di fare un passo indietro davanti a un evidente ostacolo… pianificando di poter avanzare in modo più spedito in un secondo tempo… non si chiama arrendevolezza… si chiama saggezza…

Durante i periodi più giovanili, quelli in cui l’impulsività dominava le nostre scelte e credevamo di dover dimostrare a noi stessi e al mondo intorno di non essere disposti a scendere a compromessi o ad arrenderci neanche davanti a chiari ed innegabili impedimenti, abbiamo dato vita a vere e proprie battaglie contro i mulini a vento che ci lasciavano non solo esausti per aver impiegato tante energie in qualcosa che poi non ha avuto l’epilogo sperato, ma anche scoraggiati per non essere riusciti ad abbattere le barriere che avevamo davanti e che eravamo convinti di far crollare con la forza della nostra risolutezza. Eppure sembravamo non essere intenzionati a modificare il nostro approccio alle circostanze che di volta in volta ci trovavamo ad affrontare, a non cedere per non mostrarci deboli o semplicemente per non arrenderci malgrado le avversità che ci impedivano di progredire.

Il risultato di questo nostro atteggiamento è stato a volte un ostinato aggrapparci a obiettivi e motivazioni a cui non avevamo alcuna intenzione di rinunciare né tanto meno di accantonare momentaneamente, altre invece un frustrante senso di sconfitta per il non riuscire a raggiungere la meta malgrado l’impegno che continuavamo a impiegare. Ovviamente la mancanza di esperienza non ci permetteva di comprendere che non tutto ciò che non si può ottenere nell’immediato possa invece essere ripreso più avanti, quando cioè le energie che ci circondano saranno divenute più positive in merito a quell’obiettivo, così come non eravamo sufficientemente lungimiranti da accettare l’evidenza che molto probabilmente quella meta, nel modo in cui intendevamo conseguirla, non era la scelta migliore per noi, non in quella fase o non per il nostro percorso.

Perché siamo convinti che sia solo prendendo ostinatamente di petto gli ostacoli o i muri che ci troviamo davanti, che possiamo dimostrare a noi stessi la forza e la determinazione nel lottare per gli obiettivi che ci siamo prefissati?

Come mai non riusciamo a prendere in considerazione un passaggio in più, la possibilità di indietreggiare, qualora le condizioni lo richiedano, per avere una panoramica più ampia e valutare un modo differente di affrontare le questioni?

In quale momento abbiamo deciso che fare una strategica deviazione equivalga ad arrendersi?

Troppo spesso siamo talmente impegnati a dare una prova di forza e di risolutezza, sia a noi stessi che agli altri, da essere convinti che il risultato possa essere conseguito solo attraverso l’ostinazione, quel tendere ad abbattere il muro persino quando è effettivamente troppo insormontabile; la nostra testardaggine ci impedisce di fare quella necessaria pausa, quell’intelligente indugiare che ci permetterebbe di studiare la questione dal di fuori, di valutare quanto sia produttivo continuare a insistere a capo chino piuttosto che fermarci a riflettere su una modalità differente, sulla possibilità di aggirare l’ostacolo anziché ostinarci a buttarlo giù in un momento in cui probabilmente i tempi non sono maturi, o favorevoli, per permetterci di raggiungere quella meta. E potrebbe essere che proprio in quella sosta sarà possibile scoprire la nostra vera forza, quella che viene dall’equilibrio, dalla consapevolezza di ciò che vogliamo davvero e che ci induce a riuscire a comprendere e ad ascoltare attraverso le opposizioni e gli impedimenti, quale sia il momento giusto per continuare a tendere verso la nostra meta, che non c’è debolezza nel decidere di stare fermi per un po’ perché la ripresa successiva sarà più cosciente, più determinata e meno impulsiva di prima.

Dunque la capacità che acquisiamo durante il nostro cammino verso l’evoluzione, ci mette davanti alla splendida opportunità di meditare di più, di staccarci momentaneamente dal vortice della caparbietà e di valutare con maggiore equilibrio i passi da compiere, verso il medesimo obiettivo ma in una maniera e in un tempo differenti da quelli previsti. Quella capacità che in età giovanile avevamo confuso con l’arrendevolezza non è altro che la consapevolezza della necessità di attendere pazientemente il momento migliore per poi ricominciare a perseguire la meta che in precedenza era sfuggita. Quella capacità è il segreto della resilienza, dell’atteggiamento vincente, è quel segreto chiamato saggezza.

 

 

Marta Lock