Guarda altrove

E poi comprendiamo che se vogliamo che le cose siano diverse… dobbiamo scegliere di guardare in una direzione opposta… a quella verso cui normalmente tenderemmo…

A un certo punto della nostra esistenza, quello in cui diventa necessario, quasi impellente, analizzare e comprendere i motivi più profondi che ci hanno spinti, e continuano a spingerci, a commettere errori che sembrano inesorabilmente ripetersi, non possiamo sottrarci all’indagine sui nostri comportamenti, sulle direzioni verso cui quasi inconsciamente ci dirigiamo. In quei momenti introspettivi sembra emergere un’evidenza che non avevamo preso in considerazione e cioè che, malgrado la differenza e la molteplicità degli eventi e delle situazioni vissute, le dinamiche che mettiamo in atto, così come le persone che avviciniamo, presentano caratteristiche simili, inducendoci così a perpetuare azioni e reazioni che, pur essendo diverse nella forma, conducono immancabilmente al medesimo risultato, a quella similitudine sostanziale da cui sembriamo non essere capaci di uscire.

Giungiamo così lentamente a una nuova consapevolezza in virtù della quale riusciamo più velocemente ad analizzare e a capire quali siano i percorsi dentro i quali periodicamente ricadiamo, quali i meccanismi di difesa che si azionano, e quanto la nostra naturale tendenza ad avvicinarci a contesti e individui simili tra loro, quelli che inevitabilmente ci attraggono, sia a volte più forte della capacità di riuscire a sottrarci per determinare degli epiloghi o dei percorsi inediti. Dunque la differenza con il periodo precedente risulta essere solo e unicamente la chiarezza dell’azionarsi di quell’automatismo mentre ciò che invece ancora manca è la velocità nel comprendere subito ciò verso cui stiamo andando ed essere in grado di cambiare direzione prima che rientriamo in quel vortice di causa ed effetto ormai noto che ci ricondurrà, ancora e ancora, verso le stesse dinamiche che si sono sempre verificate.

Tuttavia sembra difficile riuscire ad allontanarci da quella zona sicura, sbagliata certo, spesso deludente, fallimentare nel risultato e nel raggiungimento della felicità e della serenità che tanto ricerchiamo, eppure rassicurante perché in fondo è il terreno sul quale ci siamo sempre mossi e che in fondo, ci diciamo, costituisce almeno all’inizio ciò di cui abbiamo bisogno per credere di voler intraprendere un cammino, che sia di tipo emotivo o pratico.

Per quale motivo, se abbiamo compreso che determinati atteggiamenti o circostanze non fanno per noi, sembriamo esserne inevitabilmente calamitati al punto di continuare a sceglierle, seppure nelle loro differenti sfumature?

Qual è quel meccanismo, quella causa scatenante risalente al nostro passato più inconscio, che ci induce a ripercorrere infinite volte una strada che fin dal quella remota prima volta non ci condurrà dove desideriamo arrivare?

Com’è possibile non essere in grado di riconoscere quella tipologia di persone e di eventi che tanto ci attraggono ma che ci indurranno a mettere in atto i medesimi automatismi che continueranno a impedirci raggiungere la serenità e il benessere che desideriamo?

Coscienti della necessità di un ulteriore cambiamento nel nostro approccio verso gli accadimenti e di un’inversione di direzione rispetto alla tipologia di persone che decidiamo di far entrare nella nostra vita, cerchiamo un bilanciamento, un compromesso tra ciò verso cui ci spingerebbe quell’istinto, quell’impulso naturale che ci ha sempre introdotti nella dimensione che fosse in grado di esaltarci e renderci apparentemente felici sul momento ma che poi sulla lunga distanza ci aveva riportati a perpetuare meccanismi e dinamiche insoddisfacenti, e la consapevolezza che esistono antiche ferite, remote conflittualità, che non saranno mai vinte. Non se continueremo a voler combattere le medesime battaglie, non se non realizzeremo che la felicità, quella vera, quella duratura, si trova altrove, esattamente dove non l’avevamo mai cercata.

Al termine di quel rinnovamento interiore, di quella inedita capacità di guardare oltre tutto ciò su cui in precedenza non avevamo voluto soffermarci, siamo pronti a toglierci l’abito magnetizzante verso persone e situazioni che alla fine sono sempre risultate impossibili e accogliamo quei nuovi noi, consapevoli di dove dobbiamo guardare ma senza rinunciare a credere di poterci emozionare. E in quel nuovo equilibrio, in quella direzione opposta all’altra verso cui eravamo sempre andati, sentiamo di poter trovare qualcosa di completamente diverso, qualcosa che era ciò che avevamo sempre aspettato cercandolo nei posti e con le persone sbagliate.

 

 

Marta Lock