Illusioni della mente

Interpretazioni

A volte ci ostiniamo a voler dare un senso a ciò che senso non ha… altre invece ci intestardiamo a non voler capire… ciò che è talmente chiaro da rendere inutile ogni spiegazione…

Esistono fasi della nostra vita durante le quali ci sentiamo incredibilmente confusi rispetto agli eventi che si susseguono e alle persone che incontriamo sul nostro cammino; durante questi complessi periodi può facilmente capitare di entrare in una dimensione singolare, quella cioè che ci induce ad avvicinarci a individui attraenti per alcuni versi e respingenti per altri, soprattutto a causa della poca limpidezza che il loro comportamento emana. L’ambiguità nel porsi nei nostri confronti genera in noi incertezze che siamo indotti a colmare attraverso la nostra intelligenza emotiva, quella che fino a poco tempo prima ci aveva permesso di indovinare le motivazioni più nascoste di chi aveva accompagnato, per un periodo più o meno lungo, il nostro cammino. La sicurezza di aver interpretato correttamente gli altri, inducendoli persino a sorprendersi per la nostra capacità empatica e la sensibilità in virtù della quale eravamo riusciti a scoprire lati di loro sconosciuti a volte persino a se stessi, ci convince della nostra infallibilità alla quale è possibile attingere anche nel momento in cui ci troviamo di fronte a personaggi enigmatici, sfuggenti, ermetici.

Intraprendiamo pertanto un cammino pericoloso per la nostra autostima poiché quei personaggi hanno scelto volutamente la non trasparenza, la nebulosità, per tenersi aperta la possibilità di tenere in mano le redini della relazione, di liberarsi dalla responsabilità di aver compiuto dei passi più decisi, e per sottrarsi a qualunque impegno nel momento in cui il rapporto avrebbe cominciato a diventare più stretto… o meglio per impedirgli di diventarlo. Eppure ci fidiamo del nostro istinto e cerchiamo una giustificazione a quei comportamenti singolari e incomprensibili, pretesti che attribuiamo alle paure di impegnarsi sentimentalmente a volte generate da chissà quali traumi del passato, perché in fondo se quei personaggi continuano in qualche modo a essere presenti nella nostra vita è per il fatto che tengono a noi, altrimenti si sarebbero già allontanati. Credendo fortemente nel lieto fine, tendiamo a dare un’accezione positiva anche a quelle evidenze che, se osservate dall’esterno, renderebbero palese un disinteresse o un atteggiamento volto a ottenere il massimo dando il minimo; fino al punto in cui le nostre certezze cominciano a vacillare e non possiamo fare a meno di prendere in considerazione che tutto ciò a cui avevamo dato la nostra spiegazione potesse essere letto in modo diverso, più orientato a prendere le risposte e gli atteggiamenti per ciò che erano, un sintomo di mancanza di reale interesse.

Come mai abbiamo rifiutato di guardare le cose dal punto di vista giusto?

Per quale motivo abbiamo preferito continuare a dare la nostra interpretazione ad atteggiamenti che avremmo dovuto considerare ingiustificabili o inaccettabili fin dal principio?

Quale convinzione può essere mai in grado di impedirci di cogliere i segnali evidenti ai quali non è possibile, e neanche giusto per noi stessi, dare una spiegazione diversa da quella che realmente è?

A quel punto, recuperata la lucidità necessaria a uscire dalle nostre certezze e dalla nostra fiducia in una positività che alcuni personaggi non hanno, cominciamo a vedere la realtà per quella che è, cioè che ci siamo trovati ad avere a che fare con un’illusione determinata dalla nostra mente, indotta sicuramente dall’ambiguità dell’altro con la complicità della nostra convinzione di poter dare un senso a ciò che invece senso non aveva. Così decidiamo di mettere fine a quel rapporto sbilanciato che aveva assorbito tutte le nostre energie, chiudiamo definitivamente la porta apprendendo che non sempre è possibile credere in un epilogo positivo, e rifiutiamo di dare quella spiegazione che l’altro ci chiede solo perché gli abbiamo tolto lo scettro del controllo privandolo della possibilità di continuare a indurci in confusione con la sua ambiguità.

 

Marta Lock