Io nascondo

Ciò che diciamo o lasciamo intendere da lontano…può essere infinitamente diverso da ciò che saremmo costretti a confessare…trovandoci occhi negli occhi…

Anche se siamo persone orientate a un comportamento trasparente, sincero e leale nei confronti di chiunque abbia o abbia avuto a che fare con noi, anche se abbiamo fatto della schiettezza un must assoluto del nostro cammino verso quella maturità che sarà sempre in evoluzione ma che, di gradino in gradino, ci regalerà una maggiore consapevolezza, anche se abbiamo cercato sempre di circondarci di persone simili a noi perché abbiamo compreso che chi è più vicino al nostro modo di vedere le cose rende tutto più facile, può comunque capitare di trovarci di fronte a qualcuno che ha scelto una direzione completamente opposta. Inizialmente il suo atteggiamento sembra essere molto simile al nostro e la cosa ci piace e ci intriga perché sentiamo quell’apertura che non troviamo facilmente in altri e che ci siamo abituati a riconoscere dai movimenti del corpo, dallo sguardo diretto, dalla spontaneità di cui si permeano le frasi pronunciate.

Perciò cadiamo in quella sottile rete tessuta ad arte per farci entrare in un mondo che poi si rivela indistinto, indefinito, confuso, contraddittorio, delle cui caratteristiche reali non ci rendiamo conto subito bensì lentamente perché con altrettanta lentezza il protagonista rivela la sua vera natura, impedendoci così di prendere una ferma posizione proprio perché ci lascia nel dubbio e nell’incertezza di fare la mossa sbagliata. Dunque tra sguardi aperti e sinceri e silenzi immotivati ma protetti dalla distanza, tra momenti meravigliosi condivisi insieme e allontanamenti emotivi giustificati con inverosimili impedimenti a ritornare frequentemente a condividere, rimaniamo sempre più incagliati in quell’altalena di perplessità, di senso di disorientamento dovuto alla consapevolezza di essere tenuti lì ad aspettare senza però poter vivere l’intimità, di incontri di incredibile coinvolgimento seguiti da lunghe assenze, un’altalena dalla quale diventa impossibile riuscire a scendere.

Perché, nonostante sia perfettamente chiara la non intenzione di coinvolgersi dell’altro, rimaniamo comunque lì ad aspettare di capire cosa stia succedendo?

Cos’è che ci toglie la lucidità che ci ha sempre contraddistinti, di capire quando qualcuno non ha intenzione di vivere nella chiarezza bensì preferisce crogiolarsi nell’indistino, nell’indefinito, nella nebulosità?

In quale momento abbiamo dimenticato chi siamo sempre stati e in quale direzione ci siamo sempre mossi?

Per quale motivo ci sentiamo confusi da segnali contrastanti senza capire che già il fatto di riceverli dovrebbe farci fuggire via lontani?

Dopo un periodo di disorientamento più o meno lungo iniziamo a comprendere che quel doversi trattenere, quell’esigenza di nascondersi e di nascondere le proprie assenze dietro scuse improbabili quanto poco credibili, quel tirare il sasso e nascondere la mano, non sono segnali di forza di chi li attua, non dimostrano la lucidità mentale di tenere in scacco un’altra persona perché tutto sommato se noi siamo ancora lì anche l’altro non riesce comunque a spostarsi in modo definitivo, bensì scoprono tutta la debolezza di un’incapacità di vivere le emozioni e di lasciarsi andare a una profondità che potrebbe fargli perdere il controllo. E il suo prendere tempo, non rispondere, celare le proprie emozioni dietro una rassicurante distanza fisica, intervallare la presenza con lunghi distacchi, non sono dei modi per avere in mano lo scettro della relazione bensì l’unica via che conosce per proteggere se stesso.

Nel momento in cui tutto ciò diventa chiaro, noi che abbiamo fatto del vivere intensamente una linea guida perché abbiamo compreso che trattenersi equivale a perdere dei momenti irripetibili che non potremo mai più recuperare, decidiamo che non vogliamo più stare su quell’altalena di intensità e freddezza, che non abbiamo più l’intenzione di scoprire e intuire ciò che si nasconde dietro lo schermo della distanza e, finalmente, scegliamo di scendere da quella pericolosa altalena che ci aveva fatti allontanare dal nostro percorso.

E giustifichiamo quella nostra deviazione come un importante passaggio necessario a ricordarci qual è la direzione che non dobbiamo mai lasciare perché, al di là di chi siano gli altri, la cosa davvero importante è chi siamo noi.

 

Marta Lock