Le verità che non vogliamo ascoltare

Nell’immobilità di un comportamento… si nasconde il rumore di una scelta…

Capita spesso di trovarci a dover fare i conti con l’innegabile importanza della determinazione, della capacità di guardare oltre e di intravedere un modo per comprendere anche ciò che molto, troppo frequentemente, non viene detto. Dunque ci apprestiamo ad aprire la mente e assumere una posizione empatica, affinando la particolare capacità di metterci nei panni degli altri e provare a capirne motivazioni e comportamenti anche quando sono di difficile comprensione. Questo tipo di atteggiamento ci induce a essere propositivi, dinamici nelle scelte e altrettanto risoluti nel chiarire a noi stessi ciò che davvero ci interessa, ciò che desideriamo perseguire e ottenere, ciò a cui sappiamo di tenere e per cui crediamo valga la pena battersi. D’altro canto però non possiamo fare a meno di notare che esistono anche atteggiamenti diversi, addirittura opposti al nostro, con cui sappiamo di doverci confrontare e per i quali, qualora appartengano a persone a cui teniamo particolarmente, è necessario trovare il modo, la chiave, per aggirare gli ostacoli del silenzio e ascoltare cosa si nasconde dietro di esso.

Nel percorso che decidiamo di intraprendere, quello in cui non ci curiamo chi sia ad andare verso l’altro, o verso gli altri, conoscendo bene la nostra propositività comportamentale e accettando la diversità che in fondo ci permette di rispettare e assecondare la nostra indole decisionista e coraggiosa, giungiamo con il tempo a una fase differente, quella in cui non possiamo fare a meno di riflettere su quanto l’interpretazione che diamo agli atteggiamenti esitanti di chi ci sta intorno siano giusti o quanto invece quell’immobilità che abbiamo sempre considerato come forma caratteriale, atteggiamento comportamentale abituale, sia in realtà una mancanza di sicurezza nel voler compiere passi più decisi verso di noi. In quella riflessione mettiamo in discussione la nostra capacità empatica, cominciamo a domandarci quanto fosse reale ciò che avevamo creduto di capire e quanto invece fosse frutto del riflesso del nostro desiderio di dare una spiegazione a ciò che non vedevamo compiersi, o per meglio dire attuarsi. Così cominciamo a dare un valore diverso all’evidenza dell’immobilità, a studiarne le implicazioni più sottili e osservarne tutto ciò che in precedenza avevamo preferito ignorare, e cioè che la mancanza di determinazione nel compiere una scelta, è già di per sé una scelta.

Per quale motivo in passato abbiamo dato un’accezione quasi positiva all’incapacità di qualcuno di muoversi in modo deciso verso di noi, giustificandola dietro una prudenza caratteriale?

Non è forse vero che la risolutezza emerge in maniera chiara ed evidente se l’interesse è davvero forte e inarginabile?

Come mai non abbiamo compreso che chi restava fermo, in realtà non voleva assumersi la responsabilità di generare un distacco pur sapendo di non avere abbastanza coinvolgimento per compiere dei passi determinanti per l’evoluzione di un legame?

Possedere l’innata tendenza a guardare la realtà attraverso gli occhi degli altri può condurci molto frequentemente a essere eccessivamente indulgenti nei confronti di atteggiamenti che invece, se osservati con il dovuto distacco, appaiono decisamente e inequivocabilmente chiari, senza necessità di interpretazione. In fondo noi per primi nel momento in cui ci eravamo trovati di fronte a qualcosa, o qualcuno, che non aveva stimolato il nostro interesse al punto da indurci a muoverci e agire, siamo rimasti fermi, immobili, tanto quanto le persone di cui, al contrario, giustifichiamo l’inerzia con motivazioni apparenti su cui abbiamo voluto focalizzarci mentre la realtà è che non siamo stati abbastanza veloci a decifrarle per ciò che in realtà erano.

Così, alla luce di quella nuova consapevolezza, decidiamo di compiere un passo indietro, di sederci e osservare con maggiore attenzione tutto ciò che non viene detto e non viene fatto, senza dare agli sguardi, ai silenzi e all’immobilità, un’accezione positiva, senza attribuire lentezze e inerzie a un’attitudine caratteriale, perché abbiamo compreso che ciò dietro cui non si ritiene di dover correre, è solo ciò che non è sufficientemente importante da volerlo tenere accanto in ogni modo.

E decidiamo di aspettare quel qualcuno che sarà in grado di dimostrare nei nostri confronti la medesima determinazione e intraprendenza che abbiamo avuto noi ogni volta a cui abbiamo tenuto davvero a qualcosa… o a qualcuno.

 

 

Marta Lock