Lo sguardo dell’anima

A volte non è la paura a tenerci lontani dalle relazioni…bensì il modo sbagliato in cui ce le hanno fatte vivere…finché non incontriamo chi ha bisogno di viverle nello stesso nostro modo…e tutto prende un sapore diverso…

 
Molto spesso ogni volta che abbiamo iniziato a confrontarci con qualcuno che ci piaceva per approfondire la conoscenza e provare a costruire un rapporto abbiamo inevitabilmente dovuto trovare un compromesso tra il nostro modo di vedere le cose e quello della persona che si trovava di fronte a noi. Molto spesso questo percorso obbligato è stato attribuito all’indispensabile rinuncia che accompagna necessariamente ogni percorso che non sia solitario, adeguandoci all’altro e al tipo di rapporto giusto, secondo il comune pensare e i canoni imposti, per lui aspettando che anche lui si adeguasse un po’ a noi.

Quello tra i due che, ancora forse inconsapevolmente, aveva una visione della relazione molto più particolare e fuori dagli schemi era stato anche colui il quale, nonostante l’apparente volontà di rientrare in un canone ritenuto normale, prima o poi ha iniziato a dimostrare insofferenza. Insofferenza perché gli veniva chiesto in modo via via più incalzante, e a volte prepotente, di fare rinunce, di adeguarsi a ciò che il luogo comune impone, insofferenza perché l’altro cercava di farlo rientrare in un archetipo che non gli apparteneva e che non lo rendeva felice, insofferenza perché non riusciva a far uscire nessuna parte di sé credendola sbagliata e convincendosi che avrebbe provocato solo l’infelicità dell’altro che voleva stabilire a tutti i costi il ritmo, il modo e il percorso del rapporto.

Così prima o poi l’inadeguato, lo sbagliato, ha iniziato a scalpitare in alcuni casi protestando animatamente, in altri chiudendosi in un silenzio che segnava il principio dell’allontanamento, in altri ancora cercando delle scappatoie più o meno lecite fino al momento in cui non solo ha deciso di ritrovare se stesso mettendo fine alla relazione ma decidendo di non volerne più sapere di dover effettuare di nuovo lo stesso doloroso percorso.

Perché per essere felici insieme a qualcuno dobbiamo necessariamente rinunciare a una parte di noi?

Per quale motivo il nostro modo di essere ci ha sempre fatti sentire inadatti a un rapporto a due inducendoci, quando abbiamo tentato, a soffocare e tentare di dimenticare i nostri desideri e il nostro modo di vedere le cose?

Chi stabilisce qual è il modo giusto e quello sbagliato di avere una relazione?

E infine perché la maggior parte delle persone con il tempo pensa di possedere l’altro nei tempi, nei modi, nelle regole fino ad arrivare a decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato imponendogli un comportamento che non rispetta affatto la sua natura?

Quelli di noi che hanno particolarmente sofferto la rinuncia o che hanno avuto a che fare con partner particolarmente impositivi, giungono dunque alla conclusione che sia meglio rinunciare ad avere un rapporto stabile che prima o poi li riporterà, secondo l’esperienza passata, a ricadere nelle stesse dinamiche facendogli preferire la solitudine o compagnie brevi e occasionali alla fatica di una relazione che prima o poi li costringerà a cambiare proprio a causa della loro particolare visione delle cose che non li farà, ancora una volta, sentire accettati esattamente per come sono.

Poi un giorno, casualmente, in un modo talmente normale da diventare assolutamente speciale, incontriamo qualcuno che solo guardandoci ci fa sentire il brivido di aver visto dentro di noi, qualcuno che sentiamo familiare pur non avendolo mai conosciuto prima, qualcuno nei cui occhi ci sembra di specchiarci come mai ci era accaduto prima e, ascoltando quell’intuito irrazionale e inspiegabile, decidiamo di provare a sceglierlo come compagnia occasionale per alleviare il senso di solitudine al quale ogni tanto cediamo, ma in realtà perché qualcosa ci grida che quegli occhi non ci faranno mai sentire sbagliati, inadeguati, fuori dagli schemi, perché vive già secondo i nostri.

Con l’andare del tempo quella compagnia occasionale diventa una presenza costante proprio perché il carattere di libertà che ha quel rapporto non ci fa sentire di doverci adeguare a qualcosa che non ci corrisponde e, di giorno in giorno, scopriamo che il rapporto diventa più stabile e più solido di qualunque altro abbiamo mai vissuto perché le sue fondamenta si costruiscono su una base di naturalezza e spontaneità che non ci fa soffrire nessuna imposizione e non ci richiede alcuna modifica, perché quegli occhi nei quali ci siamo specchiati nel primo incontro sono esattamente quelli che riflettono noi e i nostri quelli in cui l’altro si sentirà a sua volta guardato e visto esattamente per come è…e così nella libertà più assoluta quegli occhi sceglieranno di continuare a guardarsi, giorno dopo giorno.

 

Marta Lock